Ricostruite le ultime ore, minuto per minuto: "Fu massacrato tra le 13 e le 14,05". La sorella: "Ha sofferto a lungo, pensava lo avessimo abbandonato" esploso per le botte" I periti della famiglia Cucchi smentiscono: "Non è morto di disidratazione, ma per i traumi".
Ad uccidere Stefano Cucchi è stato un edema polmonare. Ma quell'ultimo "collasso" arriva da lontano: dal giorno della convalida del fermo, quando venne picchiato, presumibilmente nelle aule del tribunale, riportando due fratture alla colonna vertebrale e gravi ematomi che col passare dei giorni hanno compromesso le terminazioni nervose delle vertebre lesionate e i "riflessi vagali". Il suo cuore ha così cominciato a battere sempre più piano - tecnicamente si chiama bradicardia - e le cose sono peggiorate quando ha cominciato a non bere e a non mangiare a sufficienza in ospedale creando un "ipercatabolismo proteico": tutti fattori che hanno portato a un deficit cardiaco e al fatale "edema cardiaco acuto".
È questa la verità del pool di consulenti incaricati dalla famiglia Cucchi di capire cosa abbia ucciso Stefano, che aveva 31 anni ed è stato fermato la notte del 15 ottobre scorso a Roma con l'accusa di spaccio di sostanze stupefacenti. È morto una settimana dopo nel reparto carcerario dell'ospedale Sandro Pertini, dopo solo quattro giorni di ricovero. La perizia è stata presentata ieri alla Camera dei deputati, per iniziativa del comitato "Verità e giustizia per Stefano Cucchi", composto da parlamentari di tutti gli schieramenti.
Due giorni fa era invece stata presentata nell'Istituto di medicina legale dell'università La Sapienza di Roma la perizia dei consulenti della Procura. I risultati a cui sono giunti i due collegi di medici legali non potrebbero essere più diversi. Aldilà del linguaggio tecnico per descrivere i meccanismi che hanno portato al collasso finale, sono praticamente opposte le interpretazioni sugli eventi che lo hanno determinato: per i periti della Procura, Stefano comincia a morire quando entra in ospedale, perché i medici si disinteressano del suo stato di salute, già compromesso. Gli ematomi sul suo corpo sono considerati lievi e sulla sua colonna vertebrale viene riscontrata una sola frattura recente, dovuta a una caduta sui glutei, che ovviamente potrebbe anche essere stata accidentale. Per i periti della parte civile - i professori Vittorio Fineschi, Giuseppe Guglielmi e Cristoforo Pomara - Stefano invece comincia a morire quando subisce un trauma "di tipo contundente e meccanico-violento" che gli rompe non una ma due vertebre (anche la L3, sulla quale non c'è traccia di formazione del "callo osseo" che ne denuncerebbe l'antichità), posizionate proprio dove ci sono terminazioni nervose importanti.
In questo modo la vescica del ragazzo, per un danno dunque neurologico, comincia a non funzionare: quando Stefano muore ha un litro e 400 centilitri di urina nel sacco vescicale. I consulenti dei Cucchi concordano con i medici legali della Procura sul fatto che il catetere era stato mal posizionato, ma se per questi ultimi era piena perché Stefano aveva bevuto tre bicchieri d'acqua, per i primi il danno è "neurologico".
È chiaro che anche secondo Fineschi, Guglielmi e Pomara le responsabilità dei medici del Pertini sono gravissime. Denunciano una condotta sanitaria viziata "da gravi elementi di negligenza, imperizia ed imprudenza", da censurare oltretutto perché Stefano rifiutava di bere e mangiare a sufficienza - come forma di protesta perché voleva parlare con un avvocato - "e si trattava di un ragazzo molto fragile", ha detto il professor Fineschi. Che però ha aggiunto: "Ma sgomberiamo il campo da tutte le ombre: Stefano era magro, ma stava benissimo, non aveva alcuna malattia prima di essere arrestato".
Tornano insomma in primo piano le responsabilità dei tre agenti penitenziari accusati di omicidio preterintenzionale, oltre alle colpe dei sei medici indagati di omicidio colposo. L'avvocato di parte civile Fabio Anselmo ha voluto ringraziare la Procura "che hanno accolto la nostra istanza di riesumazione del cadavere. Dobbiamo riconoscere il loro impegno, non è scontato". Parole meno riconoscenti per i periti dei pm: "Stefano prima di essere arrestato era sano e aveva la sua vita. Poi subisce un pestaggio, va in ospedale e muore: come si possono scindere questi momenti? Solo violentando la realtà".
"Quello che fa più male oggi è apprendere quanto Stefano debba aver sofferto, nei suoi ultimi giorni - ha detto Ilaria, la sorella di Stefano - e quanto sia stato abbandonato ma soprattutto, e lo dico con grande dolore, che Stefano è morto pensando che noi lo avevamo abbandonato. Sapevamo fin dal primo istante che Stefano non si è spento come volevano farci credere. Ora andremo avanti". 6 ORE Da tanto durano i dolori alla schiena lamentati da Cucchi, quando alle 20:11 del 16 ottobre i medici del Fatebenefratelli lo visitano. La lesione vertebrale perciò è da collocare tra le 13 e le 14,05.