L'ultima notte del "Pino", come chiamavano Giuseppe Uva, sembra non aver mai fine. Il processo pubblico a due medici che forse "non" lo curarono bene comincia il 10 giugno, ma ci sono due ricostruzioni opposte, e dieci enigmi da risolvere. Testimonianze e referti, alcuni sinora inediti, non appianano le divergenze tra famiglia e investigatori. E le due versioni su quanto avvenne tra Uva e alcuni carabinieri, nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, sono come due trincee.
Chi ha fatto sparire gli slip di Uva?
L'autopsia, eseguita dall'anatomopatologo Marco Motta, nota (pagina 4): "All'atto della prima ispezione il cadavere indossava un pannolone e una maglietta bianca". L'ispettore superiore T.T., dirigente del posto di polizia dell'ospedale, nella relazione sul decesso, scrive che gli slip non si trovano e non si sa chi abbia "provveduto" alla loro "rimozione dal corpo": e l'indumento - continua T.T. - non è stato "neppure consegnato ai parenti, probabilmente perché intriso di sangue".
Sottovalutati alcuni indizi, come le scarpe?
I parenti di Uva sapevano già che sui blu jeans marca Rams di Pino c'era "tra il cavallo e la zona anale una vistosa macchia di liquido rossastro". Ma, continua il poliziotto dell'ospedale "c'è un particolare inquietante riscontrato anche sulle scarpe di stoffa, che stanno verosimilmente a indicare un'estenuante difesa a oltranza dell'uomo effettuata anche con calci". La parte anteriore è "vistosamente consumata".
Come mai il ricovero avviene così tardi rispetto al fermo?
Pino Uva, che aveva 43 anni, e Alberto Biggiogero, oggi trentacinquenne, secondo "l'annotazione di polizia giudiziaria" del brigadiere P.R. e dell'appuntato scelto S.D.B., "alle 2.55" girano per la città e sono ubriachi. Litigano tra loro, il caos nottambulo coinvolge altri passanti e vicini, infine Uva e l'amico vengono acciuffati "dagli scriventi" e portati nella caserma di via Saffi, dove "Uva dà in escandescenze". Alle 4.15 arriva la guardia medica Desire Augustin Noubissie. Ma, attenzione, solo alle 6.03 - dice la cartella clinica - Uva viene ricoverato in ospedale.
Il tasso alcolico è compatibile con l'autolesionismo?
Il tasso alcolico di Pino era alto, 1,6. Secondo le tabelle del pronto intervento stradale, con una quota simile "lo stato di euforia viene sostituito da uno stato di confusione mentale e di totale perdita della lucidità, con conseguente sopore e sonnolenza molto intensa". Stando però ai carabinieri, che hanno anche chiamato i poliziotti delle volanti in rinforzo, Uva in caserma è "in continuo stato di agitazione" e mentre "procedevamo alla compilazione degli atti, si buttava giù dalla sedia, si divincolava, resisteva e "riusciva a dare calci contro un armadio metallico e scrivania procurandosi delle lesioni lievi e delle escoriazioni agli arti inferiori".
Autolesionismo o pestaggio?
La versione dell'amico di Uva è nota ed è opposta: "c'era via vai di carabinieri e poliziotti, mentre udivo provenire (...) le urla di Giuseppe, che echeggiavano per tutta la caserma assieme a colpi dal rumore sordo". Anche Biggiogero viene acciuffato, "sopraffatto con vari ceffoni e scarpate" (così il testo della sua denuncia alla procura della Repubblica) e non può difendere l'amico: "Mi hanno imposto di stare zitto se non volevo fare la stessa fine... Udivo le urla incessanti di Giuseppe per circa un'ora e mezza ancora". Poi Biggiogero dirà che Pino "è stato massacrato per una relazione con la moglie di un militare".
Perché rifiutare l'autoambulanza?
Biggiogero riesce a prendere il cellulare e chiama il 118: "Stanno massacrando un ragazzo", dice all'operatore. Il quale chiama in caserma per avere conferma. E si sente rispondere: "No, sono due ubriachi, ora gli togliamo i cellulari". L'autoambulanza non partirà.
Come mai la polizia resta ore in caserma per due ubriachi?
Il territorio di Varese resta sguarnito, le due volanti di turno più quella del capoturno confluiscono in via Saffi: "È normale che tre pattuglie siano impegnate per due ore e nessuno fa relazione su quello che hanno fatto?": è questa la domanda di Agostino Abate, pm con fama di uno che va sino in fondo. Il commissario Capo G.D., dirigente delle volanti, tentenna, per lui comunque non c'erano "esiti particolari da riferire".
Ma la cartella clinica aveva le informazioni corrette?
"Agitazione psicomotoria", così recita la cartella sinora inedita che accompagna Uva in corsia. Viene detto che è il "primo ricovero per la specifica diagnosi", è in "Tso, trattamento sanitario obbligatorio". Al punto 16, "provenienza del paziente", non viene indicata la caserma. Inoltre, punto 20, in caso di "traumi o intossicazioni", esiste un'altra voce: "violenza altrui", casella 4. Anche in questo caso non c'è alcuna x, nessuno sbarramento. Quest'uomo diventa la pratica 108013834.
Come arriva la morte?
Uva è allergico ai farmaci, ma nonostante sia ubriaco, gli vengono iniettati ansiolitici dai due medici ora sotto processo. Si agita, avrà presto un arresto cardiaco. Appena cinque ore dopo l'ingresso di Uva, sulla cartella clinica si legge a penna l'ora della morte, le "11.10". La diagnosi, sempre a penna, vede cose che all'atto del ricovero sembravano essere passate inosservate. Parla di "abusi misti, shock cardiogeno e traumatismo faccia e naso".
Come leggere l'autopsia?
Il medico legale segnala "abbondanti ipostasi violaceo rossastre", ma soprattutto trova nei polmoni (pagina 11), a parte le tracce di nicotina, una "distelectasia con prevalente enfisema acuto... vasti campi edematoso-emorragici... molteplici immagini di embolia adiposa". Questo è il passaggio che mette in allerta il dottor Renato Rondinella, consulente di parte: "L'embolia adiposa vede tra le sue cause principali eventi fratturativi di segmenti scheletrici con successiva embolizzazione polmonare". Nessuna radiografia era stata fatta, e anche questo è apparso strano alla difesa della famiglia Uva. Queste le dieci stranezze che oggi l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Uva, e il procuratore capo Maurizio Grigo cominceranno ad affrontare in un incontrano oggi alle 12, dove sarà chiesta la riesumazione del corpo di Pino, morto al termine di una notte in cui il sangue si mischiò al vino.