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morte Marcello Lonzi; verso definitiva archiviazione?
Fonte: Il Tirreno, 27 marzo 2010
27 marzo 2010

Se la Procura ha chiesto l'archiviazione dell'indagine sul decesso di Marcello Lonzi, il detenuto morto in carcere l'11 luglio del 2003, è perché a detta del pubblico ministero non è "emerso il minimo elemento di riscontro alla denuncia" presentata da Maria Ciuffi, la madre dello stesso Lonzi, secondo la quale invece la morte del figlio sarebbe stata il prodotto di un pestaggio avvenuto dietro le sbarre da parte del personale di custodia.

È questo il motivo per il quale il sostituto procuratore Antonio Giaconi ha chiesto che vengano prosciolti i tre indagati: il compagno di cella di Lonzi, Gabriele Ghelardini, e i due agenti di polizia Nicola Giudica e Alfonso Scuotto. Il pubblico ministero, nella sua richiesta di archiviazione (contro la quale Maria Ciuffi potrà opporsi, ma su questo non ha ancora detto una parola definitiva), ricostruisce il contesto nel quale è avvenuto il decesso di Lonzi.

E alla fine, citando l'ultima delle consulenze medico-legali (effettuata dalle dottoresse Monciotti e Vannuccini), arriva alla conclusione che la causa della morte è da attribuirsi alle patologie cardiache del detenuto mentre le sue fratture sterno-costali sono dovute dalle manovre rianimatorie tentate su Lonzi ormai agonizzante.

Nel suo ripercorrere le vicende dell'indagine, il pm Giaconi cita numerosi testimoni, una ventina in tutto, fra cui diversi compagni di detenzione di Lonzi, che ricordano il carattere di "Marcellino", il fatto che non di rado litigava con gli agenti di polizia penitenziaria "ma solo a parole", precisa uno dei detenuti.

E nessuno fra coloro che sono stati ascoltati fa riferimento a possibili incursioni in cella da parte degli agenti nelle ore che precedettero la morte. Fra le persone interrogate, c'è anche quella che era stata la fidanzata di Lonzi, detenuta anche lei all'epoca del decesso, che parla del suo compagno come di una persona talvolta violenta. "Aveva un carattere dolce, ma era geloso e a volte mi ha anche picchiato", ha detto agli inquirenti, aggiungendo anche particolari sul rapporto fra Lonzi e la famiglia.

A far da filo conduttore al comportamento di Marcello Lonzi alle Sughere, l'abitudine di "sniffare" il gas dalle bombolette usate per cuocere il cibo o scaldare il caffè, altro elemento di tensione con il personale di polizia penitenziaria. Anche le dichiarazioni di alcuni esponenti dell'area antagonista sono finite nella richiesta di archiviazione: incontrarono, infatti, insieme a Maria Ciuffi, l'ex compagno di cella Ghelardini che a loro dire rispose in modo un po' contraddittorio.

Ed è questo lo spirito con cui il pm ha deciso di iscriverlo nel registro degli indagati ipotizzando l'omicidio preterintenzionale, salvo poi apprendere da successive sue dichiarazioni che al momento della morte di Lonzi lui era a letto, sotto l'effetto di psicofarmaci. Omessa vigilanza era invece l'accusa rivolta ai due agenti di polizia penitenziaria, Giudica e Scuotto. Accusa, anche questa, da ritenere caduta, secondo il pm.

La madre si oppone

"Abbiamo depositato oggi l'opposizione alla richiesta di archiviazione proposta dalla Procura di Livorno dell'indagine sulla morte di Marcello Lonzi". Lo ha detto l'avvocato Matteo Dinelli, che tutela gli interessi di Maria Ciuffi, la madre del detenuto livornese morto in carcere l'11 luglio 2003. "Riteniamo che su questa vicenda servano ulteriori approfondimenti - spiega il legale - perché nelle indagini condotte finora ci siano ancora vuoti investigativi che vanno colmati. In particolare, chiediamo al giudice per le indagini preliminari di ordinare nuovi accertamenti di carattere medico-legale, ma anche di carattere testimoniale. È francamente poco credibile che le vaste ferite e lesioni presenti sul corpo di Marcello siano state procurate dalla caduta dal letto della cella in conseguenza di un infarto".