Rete Invibili - Logo
morte Marcello Lonzi, procura chiede l'archiviazione
Fonte: Il Tirreno, 20 marzo 2010
20 marzo 2010

La Procura della Repubblica ha chiesto l'archiviazione dell'indagine sulla morte di Marcello Lonzi, il detenuto di 29 anni deceduto nel carcere delle Sughere l'11 luglio del 2003. Gli indagati sono due agenti di polizia penitenziaria e il compagno di cella. Il primo è accusato di omicidio preterintenzionale, i secondi di omessa vigilanza. Ora spetta al giudice dell'udienza preliminare decidere se accogliere la richiesta.

La famiglia di Lonzi potrebbe presentare opposizione all'archiviazione, ma Maria Ciuffi, la madre di Marcello, non sembra intenzionata a percorrere questa strada. "Non voglio più avere nulla a che fare con la Procura di Livorno", taglia corto. Lei è da sempre convinta che suo figlio sia stato picchiato fino alla morte dagli agenti della polizia penitenziaria. In questi 7 anni ha lottato perché la magistratura verificasse la sua tesi. Così, dopo la prima archiviazione nel 2004, nel 2006 è riuscita a far riaprire il caso dal pm Antonio Giaconi. Lo stesso che oggi chiede questa seconda archiviazione: la tesi della morte per pestaggio non trova riscontri.

Eppure le foto del corpo di Marcello Lonzi hanno fatto il giro del mondo ed è proprio sulla forza drammatica di queste immagini raccapriccianti che il caso Lonzi, prima di quello di Stefano Cucchi, è divenuto il simbolo delle morti "oscure" in carcere; il volto tumefatto di "Marcellino", accanto a quello di Cucchi e di Federico Aldrovandi è stato il vessillo sotto al quale hanno sfilato a Livorno le famiglie delle cosiddette "vittime di Stato"; Lonzi è divenuto un simbolo per la rete antagonista che da tutt'Italia sta inviando in queste ore messaggi di solidarietà alla madre.

E proprio ieri Maria Ciuffi è intervenuta all'Università di Pisa per parlare di suo figlio, alla discussione sul libro a fumetti "Zona del silenzio" (di Antonini e Spataro, Minimum Fax), sul caso Aldrovandi. La madre di Marcello si dice delusa ma non amareggiata. "Non mi aspettavo niente di diverso - spiega - già da tempo ho smesso di aver fiducia nella giustizia". La signora Ciuffi è convinta che la procura voglia coprire le responsabilità sulla morte. Lo va ripetendo da mesi con un armamentario di parole non equivoche: "omertà" e "insabbiamento".

Il capo della Procura, Francesco De Leo, già in passato aveva avuto modo di rispondere "non siamo qui per coprire le responsabilità di alcuno". L'inchiesta si è avvalsa di tre consulenze medico legali per indagare l'origine delle ferite, praticamente unanimi nello stabilire che Lonzi morì per una crisi cardiaca; che le ferite sul volto sono compatibili con un violento impatto dopo la caduta; e che le fratture al torace sono il risultato dei tentativi di rianimazione.