Gli organi di stampa riferiscono dell'ennesima morte verificatasi all'interno della Casa circondariale di Livorno. Stando a quanto si apprende, il detenuto Snoussi Habib, di anni 30, sarebbe deceduto in seguito all'uso improprio di un fornellino da gas: in altre parole, come già era accaduto in un caso analogo qualche tempo fa, Habib avrebbe approfittato del lasso di tempo in cui era rimasto solo nella propria cella, per sniffare una quantità letale di gas, che ne avrebbe provocato la morte.
Al di là della probabile involontarietà dell'atto che ha portato il detenuto al decesso, è evidente come ci si trovi davanti a una situazione di emergenza cui necessariamente si devono trovare delle soluzioni immediate; proprio il fatto che non si tratti del primo caso di uso "improprio" di un fornello da gas con esito letale sprona quantomeno a tentare di individuare una soluzione pratica per controllare l'utilizzo di questo oggetto che, innocuo nel la società libera, può trasformarsi in strumento di morte in carcere. Siamo consci che ciò si scontra ancora una volta con i problemi di sovraffollamento e di carenza di organico che affliggono il mondo carcerario italiano e si manifestano senza sconti anche nel carcere livornese.
È ormai noto che la Casa circondariale di Livorno è da anni al centro di vicende complesse sia sul piano strutturale che su quello organizzativo: all'inagibilità attuale di una importante parte della struttura, alle forti condizioni di disagio legate al sovraffollamento delle celle, alla scarsa disponibilità di fondi per la manutenzione ordinaria e alla necessità di incremento del personale di custodia e del personale educativo, si è recentemente aggiunta anche l'impossibilità di disporre di una direzione stabile ed esclusivamente impegnata nella gestione della struttura, come richiederebbe la delicatezza e la complessità della situazione, dato che, in seguito al pensionamento della precedente direttrice, la struttura è stata al momento affidata a persona che svolge contemporaneamente questo incarico in un'altra casa di reclusione.
Nonostante ciò, è a nostro avviso obbligatorio per ogni istituzione, e quindi anche per l'istituzione carceraria, cercare sempre di adempiere col massimo rigore e il massimo impegno a quella che è una delle sue funzioni principali: mantenere in vita, e nelle migliori condizioni possibili, tutti coloro che ne sono parte, anche quando essi si rendano protagonisti di atti che possano nuocere a se stessi in modo parziale o totale. Oggi resta purtroppo l'amarezza per un'altra vita che se n'è andata e per una morte che nella sua dinamica appare quasi casuale, e che proprio per questo forse con poco poteva essere evitata. Domani resta l'obbligo di far sì che queste morti non avvengano più, nella consapevolezza che in queste situazioni quello che serve di più non è il dire ma il fare.