Giuseppe Sorrentino, 35 anni, si è suicidato alle 10.30 questa mattina impiccandosi nel bagno della sua cella nel carcere di Padova, nella Sezione "Protetti" della Casa di Reclusione. Era recluso nella sezione protetta del carcere perché in precedenza aveva manifestato forte disagio.
L'uomo, che era in cella da solo, si è impiccato alle sbarre della finestra del bagno mentre gli altri detenuti erano fuori dalla Sezione per "l'ora d'aria". Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l'allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrerlo Sorrentino era già morto.
Condannato a venticinque anni per omicidio volontario, di origini campane, Sorrentino era in carcere già da diversi anni e la detenzione lo aveva duramente provato: infatti manifestava da tempo segni di profondo disagio ed era reduce da un lungo sciopero della fame che lo aveva debilitato. Ricoverato più volte in Ospedale e in Centro Clinico Penitenziario, ogni volta al ritorno in carcere riprendeva la sua protesta, lamentando in particolar modo una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari.
La sua è la cronaca di "una morte annunciata", racconta Bianca De Concilio, il legale che assisteva Sorrentino dal 2001. Condannato a venticinque anni per omicidio volontario, 35 anni, salernitano, era in carcere per i suoi trascorsi di criminalità organizzata. Dopo alcuni lutti in famiglia, tre anni fa era caduto in una profonda depressione. "Avevamo fatto numerose istanze di sospensione della pena - racconta l'avvocato - chiesto il ricovero in ospedale, il trasferimento ad un carcere più vicino alla famiglia, ma nessuno ci ha ascoltato". "Anzi - ricorda il legale - un mese e mezzo fa il direttore sanitario del carcere di Padova in una relazione su Sorrentino scrisse "il detenuto non è malato, finge".
"Era stato ricoverato più volte in ospedali psichiatrici giudiziari - spiega l'avvocato - prima a Reggio Emilia, poi a Montelupo Fiorentino". "Gli psichiatri avevano parlato anche di schizofrenia - aggiunge - ma ciò non aveva impedito che Sorrentino ogni volta tornasse in prigione". Aveva più volte fatto lo sciopero della fame lamentando una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari. L'ultima lunga protesta lo aveva molto debilitato: "l'unica cosa che faceva, nella cella in cui aveva chiesto di stare da solo, era leggere i libri che gli facevamo avere". "Per la sua grave forma di depressione era nella sezione protetti - dice ancora l'avvocato - dove avrebbe dovuto essere sorvegliato, invece questa mattina è riuscito a impiccarsi senza che nessuno se ne accorgesse. Per questo presenterà denuncia contro l'istituto di pena".
Ma gli agenti penitenziari, deputati ai controlli, rilanciano ricordando la gravità del sovraffollamento delle carceri italiane e come "solo la professionalità della polizia penitenziaria riesce a sventare ogni giorno tentati suicidi".
"L'ennesimo suicidio in carcere è il segno che la condizione negli istituti di pena è assolutamente invivibile", denuncia Stefano Anastasia, difensore civico dei detenuti dell'associazione Antigone. "Salvo gli sforzi di alcune amministrazioni, il sovraffollamento è una realtà drammatica e a due mesi dalla dichiarazione di stato d'emergenza carceri proclamato da Alfano nulla ancora è stato fatto". Secondo Anastasia, invece, "poche piccole cose che servirebbero comunque ad alleviare la condizioni dei detenuti l'amministrazione penitenziaria potrebbe farle subito: aumentare, ad esempio, la possibilità di relazioni con la famiglia". "Aiuterebbe molto - aggiunge - consentire più colloqui telefonici e garantire una vicinanza con la famiglia, mentre oggi è vietato per i detenuti chiamare i cellulari e si spostano i detenuti dove si trova posto". Il caso del detenuto che si è suicidato oggi a Padova è emblematico: residente a Nola era rinchiuso in carcere in Veneto. "Ciò vuol dire - spiega Anastasia - che le visite dei familiari sono difficili e rare e la solitudine porta alla depressione".
Il suicidio di Sorrentino è il secondo in meno di due settimane nella Casa di Reclusione di Padova, dove il 23 febbraio scorso, nella stessa Sezione, si tolse la vita Walid Alloui, che aveva 28 anni. Dall'inizio dell'anno salgono così a 13 i detenuti suicidi e a 31 il totale dei morti "di carcere" (che comprendono i decessi per malattia e per cause "da accertare").