Sciopero della fame da questa mattina di reclusi e recluse del Cie di via Corelli a Milano. Le condizioni di vita, e non solo, al centro delle proteste. Alla mobilitazione hanno aderito tutte le sezioni: maschile, femminile e trans.
"Siamo stanchi di non vivere bene - è scritto nella rivendicazione - Viviamo come topi. La roba da mangiare fa schifo. Viviamo come carcerati ma non siamo detenuti. I tempi di detenzione sono extra lunghi perché sei mesi per identificare una persona sono troppi. Siamo vittime della Bossi-Fini. C'è gente che ha fatto una vita in Italia e che ha figli qua, gente che ha fatto la scuola qui e che è cresciuta qui. Non è giusto. Non siamo delinquenti. L'80% di noi ha lavorato anni per la società italiana e si è fatta il culo. I veri criminali non ci sono qui".
Nella rivendicazione anche il racconto di un episodio tragico di qualche giorno fa: "Una settimana fa uno di noi ha cercato di suicidarsi - si legge. Poi sono arrivati i poliziotti coi manganelli per picchiarci come criminali o animali. Siamo stanchi di questa vita. Vogliamo essere liberi come dei gabbiani e volare. Però sei mesi sono troppi per un'identificazione, qui è peggio, peggio della galera. La gente uscita dal carcere viene riportata qui altri sei mesi dopo che ha pagato la sua pena, non è giusto. La gente che ha avuto asilo politico dalla Svizzera o da altri stati in Europa e del mondo qui in Italia non li accettano, non è giusto".
Nel particolare la rivendicazione spiega che "i motivi dello sciopero è che i tempi sono troppo lunghi e abbiamo paura perché due di noi sono morti dopo che sono stati espulsi altri sono pazzi e noi non sappiamo cosa fanno loro dopo l'espulsione, e per andare ti fanno le punture e diventi pazzo, alcuni muoiono. Entrando qui eravamo tutti sani e poi usciamo che siamo pazzi. Inoltre rimarremo in sciopero fino a che non fanno qualcosa per quelli arrestati di Torino che hanno fatto tante cose per noi e che ora son in carcere. Come scrive Dante il grande poeta "Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare".
Una mobilitazione, di ieri, ha visto protagonisti anche i reclusi del Cie di Gradisca d'Isonzo a Gorizia, che ha preso la forma dello "sciopero del carrello", per protestare contro la scarsa qualità del cibo. Sembra infatti che per risparmiare sulla pelle degli immigrati reclusi in quel Cie le forniture alimentari arrivino direttamente dalla Slovenia. La protesta è rientrata velocemente.
Dopo aver appreso dello sciopero della fame iniziato nel Cie di Milano - si legge ancora nel comunicato - anche i reclusi del Cie di via Mattei a Bologna hanno deciso di rifiutare il cibo.
Dicono però che molti hanno paura e che solo poco più di una decina hanno aderito allo sciopero. Raccontano di un recluso che nei giorni scorsi aveva iniziato uno sciopero della fame e che ieri è stato portato via dalla polizia. Non sanno se lo hanno trasferito o deportato. Nelle camerate ci sono piccioni morti da giorni che nessun operatore si preoccupa di rimuovere. Hanno timore di contrarre delle malattie ma ovviamente non ricevono alcun ascolto. L'unica risposta è la dose massiccia di psicofarmaci servita come terapia quotidiana.