Un detenuto di origine tunisina di 27 anni si è suicidato nel carcere Canton Mombello di Brescia, impiccandosi con le lenzuola, lo comunica il segretario generale della Uil Pa penitenziari, Eugenio Sarno, sottolineando che si tratta dell'ottavo suicidio in cella del 2010, un dato che "impone di trovare soluzioni". Il giovane, pluripregiudicato, ieri pomeriggio intorno alla 15.30 dopo essere rientrato dall'ora d'aria si è suicidato nella propria cella usando le lenzuola in dotazione. L'agente di sorveglianza è subito intervenuto - spiega Sarno - e ha allertato i soccorsi, ma il detenuto è morto sull'ambulanza, durante il trasporto in ospedale.
Si tratta - ricorda il segretario Uil Pa Penitenziari - dell'ottavo suicidio in cella del 2010, l'ultimo il 29 gennaio a Spoleto, è "un triste ritorno alla realtà, che impone di trovare quelle soluzioni che ancora non si intravvedono nonostante la dichiarata buona volontà del Dap e del ministero". "Non può, ne potrà, essere la polizia penitenziaria - sottolinea Sarno - a surrogare i compiti di assistenza psicologica necessaria, sebbene è utile sottolineare come dal 1 gennaio siano ben 19 i tentati suicidi in cella sventati dal personale di sorveglianza".
Uil Pa Penitenziari sollecita quindi "il ministro Alfano e il Capo del Dap Ionta ad organizzare un confronto sull'impiego delle risorse umane e sulla necessità di rammodernare tecnologicamente gli istituti penitenziari". Sarno ad esempio, cita ciò che è accaduto nel carcere di Prato dove per due giorni un completo black-out ha destato grande allarme e preoccupazione, anche per un non efficiente funzionamento del gruppo elettrogeno, "un esempio di come molte strutture necessitino di manutenzione ordinaria e straordinaria".
E il segretario ribadisce come una parte dei fondi stanziati per il piano carceri debba essere impiegato per una grande opera di restauro e recupero delle strutture degradate. Inoltre, aggiunge Sarno, a fronte dei 67mila detenuti, "in attesa delle tanto sospirate 2000 assunzioni straordinarie in polizia penitenziaria, occorre definire un incontro propedeutico al recupero di quelle unità, e sono tante, impiegate in luoghi diversi dagli istituti penitenziari".
Con 67mila detenuti i carichi di lavoro aumentano quotidianamente ma, inversamente, gli organici di "frontiera" continuano ad essere depauperati facendo segnare preoccupanti buchi. Ne consegue che il personale non solo non può garantire i livelli minimi di sicurezza ma nemmeno aspirare al godimento dei propri diritti elementari. Su questo Alfano e Ionta rischiano non solo di perdere la sfide del piano carceri ma persino la loro credibilità".