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suicida in carcere? i genitori chiedono verità
Simona Filippi (Antigone)
Fonte: Terra, 26 febbraio 2010
26 febbraio 2010


Abbiamo appreso della morte di C.C. da una lettera dei suoi genitori arrivata qualche settimana fa al Difensore civico di Antigone. È una triste vicenda avvenuta nella scorsa primavera e trapelata da un'agenzia di stampa come un'ipotesi di suicidio. In questi termini ne parlava l'ansa del 29 marzo scorso: "un ventenne, C. C., detenuto nella Casa Circondariale di... è morto per i postumi delle ferite che si è procurato impiccandosi nella sua cella dopo il ricovero nel pronto soccorso dell'ospedale".

Sulla scia del caso di Stefano Cucchi, i genitori decidono di scriverci perché ritengono che anche la morte di loro figlio sia avvenuta in "circostanze poco chiare" e perché Stefano non è "né il primo né l'ultimo fino a quando tutte queste storie di morti invisibili non vengono messe a conoscenza con regolarità".

A soli 19 anni, C. sarebbe morto suicida in un carcere siciliano dopo 4 giorni dall'arresto. I genitori non credono che il figlio possa essersi suicidato e ci spiegano le loro ragioni.

C. viene fermato assieme ad altri due ragazzi dopo una rapina subita da un tabaccaio. A seguito dell'arresto, ci raccontano nella lettera i genitori, i tre giovani sono stati "massacrati di bastonate" così come rivelano le foto segnaletiche in cui C. "aveva gli occhi neri, l'orecchino strappato dall'orecchio e le labbra ferite".

C. probabilmente non aveva commesso la rapina. Come attestano le telecamere del negozio e come avrebbe dichiarato lui stesso nel corso dell'interrogatorio di garanzia, si trovava lì in quel momento perché stava acquistando delle sigarette e non conosceva i due rapinatori.

Dopo il suo ingresso in carcere, viene messo in una cella di isolamento e lì la mattina del quarto giorno gli agenti penitenziari lo trovano mentre si sta impiccando. L'ospedale si trova a soli 5 minuti di distanza dal carcere ma i soccorsi sono inutili.

Alle 11.30 del 28 marzo C.C. muore e i genitori vengono avvertiti dal personale penitenziario dopo quattro ore, alle 15.30. I genitori sanno dell'innocenza del figlio e soprattutto sanno che non si sarebbe mai suicidato.

Ci chiedono di dargli voce per capire le cause della sua morte, ci chiedono di avere delle "spiegazioni chiare" - noi aggiungiamo, dovute - dei segni trovati sul suo corpo, del perché sia stato messo in una cella di isolamento e perché i soccorsi siano stati inutili nonostante l'ospedale si trovi a poca distanza dal carcere.

Noi non possiamo rispondere alle loro domande, lo farà la magistratura, ma, oltre ad aver denunciato il fatto alla Procura competente, ci sentiamo in dovere di dare voce a questa vicenda, come abbiamo già fatto in passato per altri casi, perché è inaccettabile la prassi o del silenzio o del mero cordoglio pubblico su queste morti.