Rete Invibili - Logo
Giustizia: emergenza-carceri ma niente garante e reato tortura
Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)
Fonte: Italia Oggi, 14 gennaio 2010
14 gennaio 2010

Il consiglio dei ministri ha dato il suo via libera alla dichiarazione dello stato d'emergenza per le carceri. Il nuovo piano realizzerà 21.709 nuovi posti nei penitenziari italiani, con l'assunzione di duemila agenti.

"Avvieremo procedure - ha spiegato il guardasigilli - per realizzare strutture a cui dar vita nel 2011 e nel 2012 con modelli organizzativi tipo quello attuato a L'Aquila". Quest'anno, invece, "realizzeremo 47 nuovi padiglioni, strutture che si affiancheranno a quelle già esistenti". Per questi padiglioni, verranno utilizzate le ricorse provenienti dalla Finanziaria - 500 milioni di euro - e dal bilancio del dicastero di via Arenula - 100 milioni -, mentre per le strutture che verranno realizzate tra il 2011 e il 2012, le risorse verranno prese dal bilancio statale e da finanziamenti provenienti dai privati".

Lo stato di emergenza si sostanzia anche in una dichiarazione di attribuzione di nuovi poteri al già commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria, nonché capo del Dap, Franco Ionta. Nulla è stato invece detto circa le misure deflative che il giorno prima il Guardasigilli aveva preannunciato a Montecitorio. Sono oggi infatti 66 mila i detenuti contro i 43 mila posti letto regolamentari. Alla Camera pendevano varie mozioni che riguardavano la situazione del sistema carcerario italiano e proponevano alcune soluzioni.

L'Aula ha votato in modo compatto affinché il governo assuma a breve iniziative, anche di carattere normativo, volte a riformare le norme sulla custodia cautelare, a prevedere meccanismi effettivi di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti, a rafforzare il sistema delle misure alternative al carcere e l'applicazione della detenzione domiciliare. Il governo si è anche impegnato a far rispettare il principio della territorializzazione della pena.

Gli esperti del settore sostengono che dietro l'alto numero di suicidi in ambiente penitenziario vi è spesso un problema di rottura di rapporti affettivi determinati dalla lontananza del luogo di carcerazione da quello di residenza dei familiari o degli amici. La Camera ha votato sì agli adeguamenti degli organici di tutto il personale penitenziario. Il tutto al fine di favorire le pratiche di reinserimento sociale dei detenuti.

Con lo stesso obiettivo è stato deciso di rivitalizzare la cosiddetta legge Smuraglia sul lavoro penitenziario; il che significa rifinanziarla per consentire la defiscalizzazione degli oneri sociali per quelle imprese che intendono assumere detenuti. In modo netto la Camera ha affermato che debba essere prevista l'esclusione dal circuito carcerario per le donne detenute insieme ai loro figli sotto i tre anni. Al momento sono circa 70 i bambini ristretti, loro malgrado, nelle carceri italiane.

Veniamo ora ai no di Montecitorio. Per una manciata di voti e con il parere contrario del governo è stata respinta la proposta di istituire una figura indipendente di controllo dei luoghi di detenzione. Il primo disegno di legge bipartisan risaliva al lontano 1998. L'iniziativa fu presa dall'allora vicepresidente del Senato Ersilia Salvato. Sono mancati otto voti. Due sono stati gli astenuti.

L'Italia non ha ancora ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione Onu sulla tortura, pur avendolo firmato per iniziativa del precedente governo Berlusconi nel 2003. La mancata ratifica si spiega anche perché il protocollo impone la creazione di un organismo di garanzia indipendente che possa monitorare carceri, stazioni di polizia, centri per immigrati.

Il parlamento ha votato inoltre contro eventuali modifiche alla legge Cirielli sulla recidiva la cui applicazione costituisce una delle cause primarie del sovraffollamento. Nessuna proposta di revisione degli articoli 4-bis e 41-bis dell'ordinamento penitenziario è stata accolta. I due articoli, introdotti nel 1991 nella nostra legislazione a seguito delle stragi di mafia, prevedono preclusioni per l'accesso ai benefici penitenziari per molti reati nonché il carcere duro per i detenuti definiti più pericolosi. Un no netto è stato detto anche alla possibilità di rivedere il sistema delle misure di sicurezza cancellando quello che i penalisti chiamano doppio binario punitivo (uno per gli imputabili, il secondo per gli incapaci di intendere e volere) nonché alla possibilità di istituire una anagrafe pubblica delle carceri al fine di renderle più trasparenti nella gestione.