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Pavia: famiglia di detenuto suicida, risarcita con 140 mila euro
Fonte: La Provincia Pavese, 4 gennaio 2010
4 gennaio 2010


Tre assegni, per un totale di oltre 140mila euro, come risarcimento per la morte di un detenuto che sette anni fa si suicidò in carcere a Torre del Gallo. Dopo la sentenza del giudice, il Ministero di Grazia e Giustizia ha liquidato l'altra mattina i parenti di Manuel Bosco, il giovane di etnia rom morto all'età di 30 anni.

Il ragazzo si era tolto la vita nella sua cella con una bomboletta di gas mentre stava scontando una condanna per il furto di uno scooter. I familiari, sostenuti dall'avvocato Fabrizio Gnocchi di Pavia, avevano fatto causa e i giudici, per due volte, gli avevano dato ragione. Il Tribunale di Milano aveva condannato il Ministero a risarcire la famiglia, e la Corte di Appello, a cui il Ministero aveva fatto ricorso, non aveva sospeso la sentenza. Da qui l'obbligo a pagare.

Il 31 dicembre la sorella, la madre e il padre di Manuel Bosco (le donne abitano in via Bramante) si sono presentati allo sportello della Banca d'Italia, accompagnate dal loro avvocato, per riscuotere i vaglia. Mentre in Italia si discute di mala - detenzione, in relazione a casi di detenuti che muoiono in circostanze da chiarire (come il caso di Stefano Cucchi), o di detenuti che si tolgono la vita mentre sono in carcere, la vicenda pavese crea un precedente di rilievo. Come dimostrano le stesse motivazioni della sentenza con cui il Ministero fu condannato a pagare.

Quella sentenza, firmata da Andrea Manlio Borrelli, figlio del più noto Saverio, attribuiva infatti alle strutture di "disciplina", come appunto il carcere, anche l'obbligo di "prendersi cura del corpo", oltre al dovere di consentire l'espiazione della pena e il recupero nella società. "Deve ritenersi - scriveva allora il giudice nella sentenza - che, in uno Stato di diritto, quanto maggiore è il potere attribuito all'istituzione di comprimere la libertà personale dell'individuo affidatogli, tanto maggiore è l'obbligo dell'istituzione di prendersi cura quantomeno del corpo della persona soggetta al potere stesso". L'avvocato Gnocchi si dice "soddisfatto, perché la Magistratura ha reso giustizia a persone molto umili, ma con grande dignità, che hanno patito un grave danno. Resta però il dispiacere, perché comunque nessun risarcimento potrà restituire la vita al giovane Manuel".