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Cagliari: mio padre si diceva innocente, un suicidio annunciato
Paolo Carta
Fonte: L'Unione Sarda, 8 gennaio 2010
8 gennaio 2010

La malattia psichiatrica dopo l'arresto e la condanna. Si dichiarava innocente e si sentiva incastrato da qualcuno del suo ambiente.

La rabbia avvelena il dolore: "La morte di nostro padre poteva essere evitata". Ne sono convinti Daniela (41 anni) e Giacomo (39) Frau, figli di Celeste, il sessantenne titolare di un'autodemolizione ad Assemini che si è tolto la vita martedì in carcere a Buoncammino. "Aveva una grave forma di depressione - spiegano ancora i due figli - era stato per diverso tempo ricoverato nel reparto di Psichiatria dell'ospedale Santissima Trinità, nei colloqui in carcere era sempre accompagnato da qualcuno, non veniva mai lasciato solo. Evidentemente quei controlli sono venuti meno se martedì nostro padre ha potuto impiccarsi. Adesso vogliamo la verità: chiediamo che la giustizia accerti le cause della morte di nostro padre e se esistono delle responsabilità da parte di chi cura i detenuti oppure di chi dirige il carcere".

Celeste Frau stava scontando una condanna a 12 anni per rapina aggravata. Sentenza confermata in Appello e che potrebbe aver scatenato la sua depressione. Il titolare dello sfascia carrozze, che arrotondava gestendo una bancarella di carne e pesce arrosto in occasione delle feste paesane, aveva avuto qualche precedente guaio con la giustizia legato alla sua attività di autodemolizione ma da anni non era più incappato in disavventure giudiziarie. Fino al dicembre del 2007, quando venne arrestato per la rapina (in concorso con altri due complici, rimasti senza nome) ai danni di un rappresentante di gioielli a Poggio dei Pini.

L'avvocato che lo aveva difeso nel processo di primo grado, Gianfranco Sollai, ricorda bene i particolari della vicenda: "Celeste Frau si era rifatto una vita e si è sempre dichiarato innocente, arrivando a realizzare di essere stato incastrato da chissà chi per quel fatto. Ha sempre detto ai giudici che chiunque avrebbe potuto abbandonare una ricarica telefonica riferita al suo telefonino cellulare sul luogo in cui fu ritrovata la vettura del rappresentante di gioielli distrutta dal fuoco e che la collana e gli anelli ritrovati a casa sua, riconosciuti dalla vittima della rapina, li aveva acquistati da conoscenti per regalarli alla compagna".

Il fatto di sentirsi rinchiuso in carcere da innocente ha intaccato la psiche di Celeste Frau, come risulta da ricoveri e cartella clinica. Anche perché ormai aveva cambiato vita. "Era un padre affettuoso e generoso", ricordano tra le lacrime i figli.

Sotto accusa le condizioni dei detenuti nei carceri italiani, compreso Buoncammino, tra sovraffollamento dei detenuti e carenza di assistenza. Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A buon diritto", ricorda che nel 2009 il numero dei suicidi in carcere è stato il più alto della storia, rivolgendosi al ministro della Giustizia. Oggi l'autopsia sul corpo di Celeste Frau richiesta dal magistrato Gilberto Ganassi.