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morto detenuto 32enne, teste di presunto pestaggio
Fonte: Il Centro, 21 dicembre 2009
21 dicembre 2009

È morto nel carcere di Castrogno il detenuto testimone del presunto pestaggio al centro dell'audio shock diventato un caso nazionale. L'uomo, un nigeriano di 32 anni che doveva scontare una condanna per droga, si è sentito male nella cella ed è deceduto durante il trasporto in ospedale.

"Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto" diceva l'ex comandante della polizia penitenziaria nell'audio shock diventato un caso nazionale. Quel detenuto, testimone del presunto pestaggio in carcere, ieri è morto a Castrogno.

Si è sentito male nella cella dove scontava una pena di due anni per droga, è stato portato nell'infermeria del carcere ed è deceduto qualche ora dopo, durante il trasporto in ospedale. La sua fine ha scatenato la protesta degli altri detenuti di Castrogno, che per qualche minuto hanno battuto sulle inferriate e non sono rientrati nelle celle. Sulla morte di Uzoma Emeka, nigeriano di 32 anni, il pm di turno Roberta D'Avolio ha aperto un'inchiesta e ha disposto l'autopsia. Nel giorno in cui dalla procura arriva la notizia di sei avvisi di garanzia per il presunto pestaggio del recluso finito alla ribalta delle cronache nazionali con l'audio shock, i riflettori si riaccendono nuovamente sul carcere teramano e il caso Castrogno riesplode.

Uzoma Emeka, informa nella tarda serata di ieri una nota del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, era proprio il testimone del presunto pestaggio avvenuto in carcere e che ha portato alla sospensione dal servizio dell'ex comandante della polizia penitenziaria Giuseppe Luzi. Nelle settimane scorso era stato sentito proprio dagli investigatori che stanno indagando sul caso su delega del pm David Mancini.

Sarà l'anatomopatologo Giuseppe Sciarra ad eseguire oggi l'autopsia. Una prima ricognizione fatta sul corpo ha escluso la presenza di segni di violenza. L'uomo, molto probabilmente, è deceduto per cause naturali, ma l'inchiesta della procura mira a fare chiarezza sui soccorsi. L'obiettivo è quello di accertare se ci siano stati eventuali ritardi che potrebbero aver causato la morte del nigeriano. Per tutto il pomeriggio di ieri gli investigatori della squadra mobile, a cui sono state delegate le indagini, hanno raccolto testimonianze e acquisito la cartella clinica dell'infermeria. Già questa mattina un primo rapporto sarà sul tavolo del magistrato, che ha disposto il sequestro della cella.

Secondo una prima ricostruzione sembra che l'uomo si sia sentito male intorno alle 9 mentre era in cella con un altro detenuto. Quando i soccorsi sono arrivati era terra, sembra, per una crisi respiratoria. È stato immediatamente portato in infermeria, dove è stato sottoposto alle prime cure. Dopo qualche ora, però, le sue condizioni si sono notevolmente aggravate, a tal punto che in infermeria è stato defibrillato. Poi, vista la sua gravità, è stato chiamato il 118. L'ambulanza è arrivata subito, ma per l'uomo, era troppo tardi. Il detenuto è morto durante il trasporto all'ospedale Mazzini.

Sei gli indagati per il presunto pestaggio che sarebbe avvenuto il 22 settembre: si tratta dell'ex comandante Giuseppe Luzi, sospeso dal suo incarico dal ministro Alfano, quattro agenti di polizia e il detenuto che sarebbe stato malmenato. Le ipotesi di reato contestate sono lesioni e abuso. Anche il detenuto, un italiano, è stato iscritto nel registro degli indagati visto che gli agenti sostengono di essere stati aggrediti dall'uomo, che invece dice di essere stato malmenato dai poliziotti. E qualche giorno fa il pm titolare del caso Mancini ha interrogato l'ex comandate della polizia penitenziaria, che ha risposto alle domande negando ogni aggressione ai detenuti.


Petrilli (Pd): troppi morti nelle carceri dell'Abruzzo


Giulio Petrilli, responsabile del dipartimento diritti e garanzie del PD, scrive: "Qualche giorno fa nel carcere di Teramo è morto un altro detenuto: il nigeriano Uzoma Emeka di 32 anni. Un'altra delle tante morti che si susseguono nell'ultimo periodo nelle carceri: suicidi, morti naturali, omicidi. Succede di tutto nelle carceri e come i barboni che muoiono di freddo sulle panchine delle città, o i migranti che muoiono annegati nelle barche fatiscenti che affondano, diventa un cliché normale la notizia delle morti.

Mai come oggi esse sono la discarica della società, abbandonati a se stessi in celle sovraffollate e fatiscenti i 66mila detenuti, a fronte di una capienza massima di 40mila. L'Abruzzo non fa eccezione e il carcere di Teramo ne è un esempio negativo, in primis per il sovraffollamento e poi sta strappando a quello di Sulmona il triste primato dei suicidi e delle morti, con l'interrogativo purtroppo legittimo che in qualche caso si possa trattare anche di omicidio.

La morte del detenuto nigeriano Uzoma Emeka, testimone di un pestaggio avvenuto all'interno del carcere di Teramo ne è un esempio. Arresto cardiocircolatorio, all'età di 32 anni: sono rarissimi questi eventi, attendiamo gli esiti dell'autopsia.

Nel frattempo non dimentichiamo che è sufficiente mettere nel caffè una dose eccessiva di alcuni farmaci che questo può accadere. Non sono per la cultura del sospetto, anzi, ma in questo caso un detenuto che può essere un teste chiave di un'inchiesta importante muore a 32 per arresto cardiocircolatorio, genera delle perplessità e dei dubbi fortissimi. Rendiamo con l'informazione, con le visite istituzionali, con un monitoraggio continuo, trasparenti le mure del carcere. Il carcere deve essere un luogo di espiazione della pena ma anche di recupero. Voltaire scriveva che la civiltà di una nazione si evince dallo stato delle sue prigioni. Mai come ora queste parole sono di stretta attualità".


Bernardini (Radicali): bisogna fugare ogni dubbio, Alfano risponda


Rita Bernardini, deputato radicale eletto nel Pd e membro della commissione Giustizia della Camera, chiede al Dap (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) di aprire un'indagine interna sulla morte di Uzoma Emeka "al fine di fare completa chiarezza sulla vicenda fugando così ogni sospetto".

"Sarebbe utile sapere perché il Ministro della Giustizia non risponde alle interrogazioni radicali. Il fatto che non abbia risposto all'interrogazione che abbiamo presentato in seguito alla visita di sindacato ispettivo effettuata il 2 novembre scorso nel carcere Castrogno di Teramo, è molto grave perché, forse, si sarebbe potuta evitare l'ennesima tragedia, cioè la morte del giovane nigeriano che molto probabilmente era stato testimone negli accertamenti relativi al presunto pestaggio che ha poi portato alla sospensione del comandante di reparto.

Un carcere senza direttore, dove sono stipati 400 detenuti in spazi che potrebbero contenerne 230, dove gli agenti in servizio sono solo 155 a fronte di una pianta organica che ne prevede 203, dove gli educatori sono solo 2, dove il medico di turno rivela che oltre il 50 per cento dei reclusi è malato e che tantissimi sono coloro che sono affetti da malattie psichiatriche del tutto incompatibili con il regime di detenzione e dove l'assistenza psichiatrica e psicologica è pressoché nulla. Un carcere dove le celle sono malmesse, fredde e umide; celle in cui i detenuti sono costretti a stare tutto il giorno perché non è prevista alcuna attività trattamentale. Persino il cappellano manca a Castrogno. Verrebbe da dire "dimenticato da Dio e dagli uomini" ma, chiamare in causa il Creatore, di fronte all'inefficienza e all'indifferenza delle istituzioni, siano esse civili o religiose, sarebbe veramente arbitrario.

Ministro Alfano, te lo abbiamo già chiesto: cosa intendi fare di fronte ad una situazione carceraria che esplode? Di fronte a morti così poco "naturali", come le definiscono i tristi e burocratici bollettini di morte provenienti dalle carceri?

Il ragazzo nigeriano che ha lasciato la comunità dei viventi era tossicodipendente, depresso e perciò fortemente vulnerabile; soprattutto, aveva la grande colpa di avere ancora occhi per vedere ciò che non avrebbe dovuto vedere. Ma in quel carcere sarebbe stato giusto e opportuno non continuasse a stare".

A seguito della morte di Uzoma Emeka, Rita Bernardini ha depositato la seguente interrogazione al Ministro della Giustizia: "Per sapere - premesso che: il 09 novembre 2009 l'interrogante presentava al Ministro della giustizia l'interrogazione n. 4-04821 nella quale si chiedeva di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a verificare le responsabilità del personale penitenziario in ordine al presunto pestaggio avvenuto all'interno del carcere teramano di Castrogno poi costate la sospensione al Comandate di Reparto, dott. Giuseppe Luzi; all'interrogazione non è stata data ad oggi alcuna risposta né si è appreso di iniziative assunte dal Governo per tentare di risolvere o solo attenuare le gravi problematiche che affliggono l'istituto di pena teramano evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo (sempre del 9 novembre 2009) n. 4-04862; l'agenzia Ansa del 18 dicembre c.a. riporta la notizia della morte, avvenuta nel carcere di Castrogno, di un detenuto di nazionalità nigeriana del quale vengono riportate solo le iniziali, U.E..

La persona deceduta era stata ascoltata in qualità di testimone dalla Procura di Teramo proprio nell'ambito dell'inchiesta relativa al citato pestaggio avvenuto all'interno del carcere abruzzese; episodio per il quale il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria aveva disposto la sospensione del Comandante del Reparto; secondo quanto si è appreso fino a questo momento, il giovane straniero dopo aver accusato forti dolori addominali è stato trattenuto in osservazione nel reparto infermeria del carcere; dopodiché il suo stato di salute si sarebbe aggravato divenendo necessario il suo trasporto al vicino ospedale dove però è morto; secondo i medici del nosocomio teramano la morte sarebbe stata provocata da cause naturali, ma sulla vicenda la Procura di Teramo ha aperto un fascicolo disponendo l'autopsia; il carcere di Castrogno è sempre più sovraffollato, mancano gli agenti e servizi sociali adeguati, i detenuti non hanno spazi, né per "l'aria" né per fare attività fisica o socializzare; a prescindere da quelli che saranno gli esiti dell'inchiesta sulla morte del detenuto nigeriano, lo Stato ha il dovere istituzionale, politico e morale di non lasciare nulla di intentato per garantire ai detenuti condizioni di vita conformi al dettato costituzionale nonché per salvare anche una sola vita umana anche di chi, per i propri errori, ha perso la libertà -: se non intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di accertare quali siano le effettive cause della morte del detenuto nigeriano e se, in ordine alle stesse, non siano ravvisabili profili di responsabilità disciplinare da parte del personale penitenziario; se non ritenga, assumendo senza ulteriori indugi le iniziative sollecitate fino ad oggi inutilmente con l'interrogazione del 9 novembre 2009 n. 4-04862, di intervenire concretamente perché nel carcere teramano il livello e la qualità della detenzione siano quelli degni di uno Stato civile e democratico.


Manconi: ennesimo caso di abbandono terapeutico


Il detenuto Uzoma Emeka, considerato uno dei testimoni del pestaggio avvenuto nel carcere di Teramo, e morto in ospedale in circostanze ancora da chiarire, sarebbe morto a causa di un tumore al cervello. È quanto comunica A Buon diritto, riferendo le informazioni pervenute alla stessa associazione. "Se questa diagnosi venisse avvalorata dall'autopsia prevista per le prossime ore - dice il presidente Luigi Manconi - si avrebbe la conferma del grave stato di abbandono terapeutico nel quale versava Uzoma e nel quale versa l'intero sistema penitenziario italiano".

Infatti, 48 ore prima del malore che ha portato Uzoma Emeka - dopo oltre 5 ore di attesa in carcere - al ricovero in ospedale, il detenuto già si era sentito molto male. "Dunque - spiega Manconi - i segnali di una condizione particolarmente compromessa in un soggetto tossicodipendente e depresso erano già tutti riconoscibili. Ma il carcere di Teramo è, sotto tutti i profili, un autentico disastro. Mi auguro - conclude - che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che da settimane non risponde alle interrogazioni del deputato Rita Bernardini su quell'istituto penitenziario, trovi finalmente il tempo per fornire qualche spiegazione".

"Autolesionismo, abusi, morti improvvise, overdose presentate come suicidi, suicidi presentati come overdose, mancato aiuto, assistenza negata, "è un vero e proprio regime di omissione di soccorso - dice Manconi - quello che governa il sistema penitenziario italiano. Sullo sfondo di questo tragico avvenimento, l'ultimo di una lunga teoria di morti o inspiegate o sospette, c'è la vicenda del "negro ha visto tutto", del massacro involontariamente confessato, dei testimoni che esitano a parlare. Forse non ci sono misteri nel carcere di Teramo, ma certamente c'è un bubbone che va eliminato".