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morte Stefano Cucchi; spuntano altri due testimoni
Marino Bisso e Carlo Picozza
Fonte: La Repubblica, 5 dicembre 2009
5 dicembre 2009

A due settimane dall'incidente probatorio con il detenuto africano che ha fissato il primo punto fermo sulle responsabilità della polizia penitenziaria nel pestaggio di Stefano Cucchi nel sotterraneo del tribunale, spuntano due nuovi testimoni. E additano altre responsabilità. Due albanesi depongono contro i carabinieri, come ha fatto il tunisino che incontrò Cucchi nella medicheria del carcere Regina Coeli.

Ai due detenuti dell'Est, Cucchi avrebbe consegnato il suo sfogo, appena arrivato nel bunker del tribunale: "Sono stato pestato dai carabinieri". E con le nuove testimonianze, l'indagine riapre una finestra sull'ipotesi di un'aggressione a più riprese sul trentunenne arrestato il 15 ottobre alle 23.30 con pochi grammi di droga e morto denutrito, disidratato, con la schiena rotta e il corpo segnato da sospette bruciature di sigaretta, all'alba del 22 nel padiglione carcerario dell'ospedale Sandro Pertini.

Le nuove testimonianze ripropongono l'ipotesi, accreditata subito dall'Amministrazione penitenziaria, che le violenze su Cucchi potrebbero essersi consumate almeno in due tempi: in caserma, nelle ore immediatamente successive all'arresto, e nel sotterraneo del tribunale mentre il giovane aspettava di essere chiamato per il processo. Gli inquirenti, però, non nascondono difficoltà e perplessità. Dalle dichiarazioni dei due albanesi emergerebbero alcuni dubbi: per la procura i detenuti albanesi non avrebbero avuto modo né tempo di incrociare Cucchi prima di essere rinchiusi nelle celle.

I pm Francesca Loi e Vincenzo Barba hanno già ascoltato i due carabinieri che il 16 ottobre alle 9.20 accompagnarono il giovane dalla caserma di Tor Sapienza, dove aveva trascorso parte della notte, in tribunale. Presto sarà la volta di altri due loro colleghi, accompagnatori degli albanesi: si tratta degli stessi militari che arrestarono Cucchi nelle ultime ore del 15 ottobre. Ad alimentare interrogativi e rischi di invalidare le testimonianze ci sarebbero anche i registri con i movimenti da e per le camere di sicurezza: persone e tempi non sosterrebbero i riscontri.

Ancora più fitto è il mistero del detenuto tunisino che rischia un'incriminazione per calunnia. Per gli inquirenti la sua lettera potrebbe essere stata ispirata dagli agenti penitenziari. Comunque, trovare riscontri alle sue parole sarà impresa ardua: quella notte nella cella di sicurezza di Tor Sapienza Cucchi era solo. I magistrati, poi, hanno trovato nella lettera una dovizia di particolari non raccontati nella deposizione a verbale fatta dal detenuto qualche giorno prima. La stessa circostanza che non sarebbe stata scritta di pugno dell'africano, perché poco pratico della lingua italiana, insospettisce gli inquirenti.

Che ora, però, hanno a disposizione anche un altro atto indiretto di accusa ai carabinieri che tennero in custodia Cucchi nella notte tra il 15 e il 16 nella caserma Appio prima e poi in quella di Tor Sapienza.

L'indagine va avanti. Dopo aver ascoltato il tunisino, condannato per droga al carcere fino al 2014, sarà presto convocato il detenuto italiano che scrisse materialmente le tre pagine. Ieri è stato sentito dai pm anche il senatore Stefano Pedica (Idv) al quale il tunisino aveva affidato la lettera per farla consegnare alla famiglia Cucchi e ai magistrati.

"Chiederò", ha annunciato Pedica dopo la deposizione, "che vengano installate le telecamere nelle celle del tribunale e nelle camere di sicurezza di commissariati e uffici dei carabinieri per conoscere cosa accade lì dentro". "E le persone arrestate", continua, "siano fotografate prima e dopo il loro ingresso".