Ippocrate è morto in prigione. Più precisamente nel padiglione penitenziario di un ospedale romano, il repartino viene chiamato. Stanza 16, la stessa in cui è morto Stefano Cucchi.
Ieri mattina, a varcare la doppia teoria di sbarre del bunker c'erano due consiglieri regionali - Peduzzi di Rifondazione e Anna Pizzo di Sel - e un ex senatore Prc, il giurista Russo Spena. Un'ora e mezza tra visita e colloquio col medico. «Costruita per somigliare a un carcere più che a un ospedale», commenta a Liberazione Ivano Peduzzi all'uscita. Il responsabile della struttura è parso al capogruppo del Prc alla Pisana, gentile e reticente, di quella reticenza dovuta forse a pressioni esterne. Oggi parlerà col magistrato. Ma la visita al repartino qualche spunto lo offre. Relativamente al caso Cucchi inizia a prendere corpo la «scarsa collaborazione del paziente». Quando gli fu chiesto dove fosse caduto per spaccarsi la schiena, Stefano rispose che preferiva parlare col suo legale. Aveva paura Stefano Cucchi. Anche perché s'era ritrovato un legale d'ufficio, il giorno prima all'udienza di convalida, quando aveva insistito coi carabinieri che lo presero in carico per far avvertire il suo avvocato di fiducia. Il medico ammette che capita spesso. E che se lui non ha detto nulla è stato per evitare ritorsioni al paziente. «Ma è mai possibile che un medico di fronte a un ragazzo di 37 chili, che rifiuta cibo e acqua, non sia nelle condizioni di soccorrerlo e non avverta immediatamente i familiari? E' mai possibile che la polizia penitenziaria posa omettere al medico la richiesta dei parenti di un colloquio?». Alla fine della visita le domande sono tutte sul tappeto a definire i contorni di una faccenda impastata di violenza, scaricabarili, negligenza. Infatti, la lettera che il responsabile del repartino si sarebbe deciso a scrivere il 21 ottobre non sarebbe mai partita. Stefano morì poche ore dopo, all'alba del 22. Nella lettera si legge il tentativo di avvisare la magistratura del «disagio a gestire con appropriatezza» la situazione e della necessità di sentire i familiari.
Quel repartino «è peggio del carcere» si sono sentiti dire i consiglieri dal responsabile della struttura: ciascuno ha la sua brava cella - scrive Anna Pizzo sul sito di Carta - tutto bianco e blu. Eppure quel luogo è oltre ogni luogo perché lì è possibile la sospensione del diritto. Ora il medico dice anche che le regole del repartino non sono chiare e che loro non riescono a rispettare il giuramento a Ippocrate.
Ilaria Cucchi ha ben chiare le responsabilità di chi avrebbe dovuto garantire il diritto alla salute di suo fratello, giovane e magrissimo. E morto disidratato. «In questa vicenda sono stati violati tutti i diritti fondamentali, da quello alla difesa a quello ad essere assistito in punto di morte. Per quattro giorni, assieme ai suoi genitori, ha sbattuto a un muro di gomma che ha impedito loro perfino di incontrare i dottori.
L'inchiesta, intanto, registra il passaggio dal gip della giudice che negò i domiciliari a Stefano, in aula con gli occhi neri per le botte, con l'incredibile motivazione che fosse un senza fissa dimora. Lei e il pm di quel giorno avrebbero riferito che «nulla di particolare fu notato a proposito delle condizioni di Stefano. Idem per il legale d'ufficio. Insomma, tranne suo padre e il medico della Città giudiziaria, nessuno volle accorgersi del viso pesto di Stefano. Perché mai non avrebbe dovuto aver paura di parlare della sua schiena rotta?
---Oggi il guardasigilli Alfano riferirà di nuovo al Parlamento. Sotto Montecitorio ci sarà un altro
sit in di Giovani comunisti e Fgci.
La famiglia torna a chiedere che cessino le autodifese gratuite che si sono sentite in questi giorni. La più clamorosa quella del ministro La Russa: lui non sa cosa sia successo ma è sicuro che i carabinieri non c'entrino nulla. Amnesty international ha ben presente quanto sarà difficile sottrarsi al rischio dell'impuntà. L'Italia non ha ancora - e non sembra una priorità di questo parlamento - un organismo di monitoraggio sui diritti umani, né di prevenzione dei maltrattamenti in luoghi di detenzione non avendo ratificato il trattato Onu contro la tortura. Dopo le iniziative romane della scorsa settimana, anche a Trieste, ieri pomeriggio, si sono svolti un sit in e un corteo a cui ha preso parte la mamma di Riccardo Rasman, ucciso da alcuni agenti che gli sono saltati addosso per arrestarlo. Il vicesindaco di Milano, invece, il famoso De Corato, ha scatenato la caccia agli autori di volantini contro gli autori di alcuni omicidi famosi, seppure colposi: Aldrovandi, Sandri ecc... "Le mele marce riempiono il cesto" è la frase che ha fatto incavolare il vice di Moratti.
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