Nel giorno dello scaricabarile politico sul caso Cucchi continuano ad emergere dettagli agghiaccianti sulla vicenda dell'arresto e della morte del trentunenne romano. Stefano era stato arrestato per «poca roba», secondo quanto dissero alla madre i carabinieri che l'accompagnarono a casa la notte stessa del fermo. Ma la mattina appresso una giudice del tribunale di Roma gli nega i domiciliari per «mancanza di fissa dimora come risulta con certezza degli atti». La notte prima ha una casa da perquisire e dov'è residente, il mattino dopo Cucchi è un homeless per il quale non si ha «prova della disponibilità della dimora dichiarata»! Il mattino appresso la «poca roba», soprattutto erba, diventa «quantità tutt'altro che irrilevante», come si legge nel verbale di convalida dell'arresto, e dal sospetto che Cucchi sia uno spacciatore, «personalità adusa a fatti della stessa specie». Tutto ciò anche secondo sommarie informazioni rese del ragazzo che fu arrestato con lui, un amico di vecchia data di Stefano. «Com'è possibile che un amico possa aver detto quelle cose?», continuano a domandarsi a casa Cucchi.
All'equivoco della carcerazione si aggiunge il giallo delle comunicazioni tra i medici del repartino del Pertini e il tribunale di Roma. I medici avrebbero «provato» a comunicare con Piazzale Clodio il 21 ottobre, il giorno prima che Stefano morisse. La gravità della situazione incuteva loro un «disagio» da comunicare al giudice, probabilmente, anche perché la famiglia si sarebbe disinteressata della sorte del ragazzo. Quello che forse non sapevano è che i genitori di Stefano e sua sorella Ilaria erano ogni giorno al cancello del bunker ad aspettare un permesso per la visita e a implorare di parlare coi medici. Chi mente? I camici bianchi o la polizia penitenziaria che avrebbe fatto muro dicendo che anche per i colloqui con i dottori sarebbe stato necessario un permesso del pm? Note riservate della direzione del Pertini sarebbero già in viaggio verso Piazzale Clodio. Il Pm Barba ne avrebbe «sentito parlare». Nella Città giudiziaria, intanto, Barba indaga per omicidio preterintenzionale. E' solo un'ipotesi, chiarisce, ma ancora non ci sono nomi iscritti al registro degli indagati. Tra chi è stato già sentito ci sono alcuni dei carabinieri - due in divisa e tre in borghese - che lo arrestarono quella notte. Seguiranno il ragazzo fermato con Cucchi e via via gli altri comprimari di questa storia iniziata con un arresto e finita con la morte di un ragazzo magrissimo, 37 chili, pieno di lividi, fratture al viso, alla schiena, alle gambe, e di lesioni interne, sangue nel polmone e nella vescica. Un percorso misterioso tra una caserma e l'altra dei carabinieri, tra il tribunale, l'infermeria della Città giudiziaria, la matricola di Regina Coeli, il pronto soccorso del Fatebenefratelli, ancora il carcere e infine il repartino, il bunker per carcerati dell'ospedale Pertini. Qualcuno gli ha devastato la faccia e spaccato la schiena, qualcuno ha fatto pressioni perché rifiutasse il ricovero, altri, tanti altri hanno fatto finta di non vedere o sono stati messi in condizione di non vedere che un ragazzo era in fin di vita e una famiglia veniva bloccata da un muro di gomma. «Un ragazzo in difficoltà non è stato aiutato giustificandosi che non voleva», dice Fabio Anselmo, legale della famiglia, che ha messo in fila le domande e presentato una denuncia formale.
Il candido La Russa ammette di non sapere cosa sia successo ma si dice «certo - da ministro della difesa - del corretto comportamento dei carabinieri». Da parte sua un sindacato di agenti di custodia, l'Osapp, insiste che Cucchi sarebbe arrivato già pestato a Regina Coeli. E La Russa: «Ha perso una buona occasione per tacere», dice l'altro sindacato, il Sappe. E sulla pelle di Stefano si infiamma la polemica annosa Fini-La Russa: il sito di Fare futuro, vicino al presidente della Camera (autore della legge sulle droghe con Giovanardi), si scaglia contro certa «omertà tribale». «Lo Stato non abbia paura di se stesso», chiede l'ex magistrato, ora europarlamentare Idv, De Magistris. La Cgil Fp si lamenta delle ricostruzioni giornalistiche, senza le quali Cucchi sarebbe ancora invisibile, e vorrebbe sia restituita dignità alla polizia penitenziaria. Tra passerella e scaricabarile, la politica non ofre uno spettacolo degno. Delle ispezioni promesse il giorno prima da stuoli di Pd e Pdl c'è solo quella annunciata per lunedì al Pertini dai consiglieri regionali Peduzzi (Prc) e Pizzo (Sl). L'ex agente Betulla, ora senatore Pdl, ammette che lui quel repartino lo conosceva e sapeva la sua inumanità ma non l'avrebbe denunciato pubblicamente. E nel cocktail mortale di proibizionismo, malasanità, malapolizia e malocarcere va aggiunto anche il sovraffollamento: «In carcere le persone diventano numeri e possono restare dimenticate in ospedale», denuncia Antigone. Dopo l'assemblea di giovedì a Piazza Navona che ha volantinato sul caso Cucchi, ieri i giovani comunisti e la Fgci hanno manifestato con l'Uds sotto Palazzo Chigi per chiedere l'intervento di Napolitano. «Inaccettabile - commenta Paolo Ferrero, segretario Prc - che con 20 grammi d'erba si finisca in carcere, con 20 grammi di coca si sfrecci in auto blu».