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«Verità e giustizia per Stefano, ucciso dallo stato e dal proibizionismo»
Daniele Nalbone
Fonte: Liberazione, 1 novembre 2009
1 novembre 2009


«Verità e giustizia per Stefano, ucciso dallo stato e dal proibizionismo». Dietro questo striscione centinaia di persone hanno sfilato, ieri pomeriggio, per le vie di Roma Nord. «Abbiamo scelto il giorno di Halloween per sfilare "in maschera, senza paura"» spiega Emiliano dei Blocchi precari metropolitani mentre piazza Sempione, davanti all'Horus, si va riempiendo di ragazzi. Per diverse settimane, in tutta Roma, ha girato un appello per lanciare l'Halloween Parade in cui si denunciava come il paese stia diventando sempre più "mostruoso": un vero laboratorio di insicurezza sociale «che rischia di colpire i diritti e le libertà di tutti». Ma sono i fatti stessi degli ultimi giorni ad aver fatto precipitare ancor di più la situazione. E a costringere i compagni di Roma Nord a cambiare l'appello originario.
Nella notte fra il 15 e 16 ottobre Stefano Cucchi, 31 anni, viene fermato dai carabinieri per possesso di sostanze stupefacenti. Tradotto in carcere morirà, massacrato di botte, dopo sette giorni nel reparto penitenziario del ospedale Pertini.
Un omicidio "di stato" «causato - denuncia Emiliano - dall'impunità che, dalla morte di Carlo Giuliani a quella di Federico Aldrovandi, passando per il massacro della Diaz, fa sentire "intoccabili" e "onnipotenti" le forze dell'ordine, ma anche dalle leggi proibizioniste e repressive dello stato». Chiaro il riferimento a una legislazione che, di fatto, porta ad avere le carceri piene, per oltre il 40%, di detenuti accusati di consumo di sostanze stupefacenti o di piccolo spaccio.
Poche ore dopo la morte di Stefano, all'alba di sabato 24 ottobre, ad Ostia, un giovane giornalista di musica di 30 anni viene pestato da un gruppo di fascisti, al grido di «sporco comunista», solo perché "colpevole" di vestirsi «da frocio».
Per questo l'Halloween Parade di ieri non è stata una festa ma, come spiega Irene dei Bpm, «una danza potente. Rabbiosa. Contro la violenza scatenata da un potere in crisi, fatta di leggi proibizioniste e razziste; carcere e Cie; squadracce e sgomberi».
Una violenza che è costata la vita, negli anni, a Carlo Giuliani, Dax, Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Nicola Tommasoli, Niki Aprile Gatti, Nabruka Mimuni e, ora, Stefano Cucchi. «Morto di carcere».
E' buio quando il corteo parte. Il percorso è studiato per passare davanti a strutture ed edifici abbandonati alla speculazione, come l'ex Gil di piazzale Adriatico e l'ex cinema Astra, da sei anni lasciato all'incuria dalla proprietà, il gruppo De Laurentiis, «per "censire", così, il patrimonio inutilizzato che chiediamo venga destinato a spazi sociali e per affrontare l'emergenza abitativa della città» spiega Emiliano dal microfono.
Ma il corteo non è solo denuncia. Non è solo richiesta di verità. E' anche solidarietà per i compagni catanesi dell'Experia, il centro popolare sgomberato, all'alba di venerdì, da un centinaio di agenti in tenuta antisommossa che non hanno perso tempo a manganellare le braccia nude di ragazzi e ragazze intervenute per difendere l'unico spazio sociale del quartiere Antico Corso.
Intanto si avvicina la struttura della palestra popolare Valerio Verbano. Roma nord era il "suo" quadrante. E i ragazzi dei Blocchi precari metropolitani e dell'Horus lo ricordano, ogni giorno, facendo avvicinare decine di giovani a quelle che erano alcune delle sue passioni: il karate e il judo. Una tappa importante, quella di ieri, davanti al luogo che porta il nome di quel ragazzo ucciso dai Nar il 20 febbraio 1980. Pochi mesi, e saranno trent'anni. Di rabbia, di ricordo, di voglia di giustizia.