Ho visitato decine di volta gli istituti di pena. Ogni volta è stata un'esperienza dura, rivelatrice non senza sorprese. Più di una volta abbiamo avuto modo di riscontrare gravi violazioni dei diritti umani, specie nelle fasi di sovraffollamento. Ma basta entrare in un Centro di Identificazione ed Espulsione, come quello di Ponte Galeria, per rendersi conto che esiste un luogo peggiore della galera, dove alla privazione della libertà si aggiunge la totale assenza di regole e diritti. Primo fra tutti quello a un normale e dignitoso trattamento sanitario. Eppure qui nessuno ha commesso reati.
Basta entrare all'interno della struttura per rendersi conto che non si tratta di una struttura di accoglienza. È stata sufficiente una sola visita per individuare numerosi casi critici e paradossali. Come quello di un ragazzo brasiliano, nato a Roma, portato qui al compimento del 18° compleanno, che presto sarà spedito in Brasile, un Paese in cui non è mai stato. O quello di una donna maghrebina che, dopo aver scontato la sua pena a Rebibbia, ora è "detenuta" a Ponte Galeria. Ho visto, inoltre, un uomo anziano, in gravi condizioni di salute, sdraiato sul letto. Ogni volta per andare in bagno deve farsi aiutare da quattro persone. Non è questo il luogo in cui deve stare, questa struttura non è attrezzata a offrirgli adeguate cure mediche.
È altrettanto grave che siano internate persone che stanno richiedendo asilo. Per loro esistono apposite strutture: i Cara (Centri di Accoglienza per i Richiedenti Asilo). Ma a causa della disorganizzazione e del disinteresse generale, anche loro finiscono in questo purgatorio. Nel Centro, inoltre, esiste il rischio concreto di violenze derivanti dalla convivenza forzata delle diverse etnie. Una situazione che rischia di diventare esplosiva.
Eppure in pochi conoscono la situazione reale. A Ponte Galeria non esiste trasparenza. L'accesso è consentito a pochi. Qui sono negate le visite alle associazioni umanitarie. Persino i consiglieri regionali, che normalmente entrano in carcere senza preavviso, non possono entrare. Su questo abbiamo presentato, insieme alle associazioni Antigone e Progetto Diritti, un ricorso al Tar del Lazio.
Ora il Parlamento si appresta ad approvare un ulteriore prolungamento dei tempi di permanenza dagli attuali sessanta giorni fino agli inaccettabili sei mesi. Una decisione scellerata: queste strutture sono un obbrobrio dal punto di vista giuridico. Come Regione Lazio, faremo da subito una battaglia per garantire almeno la salute di chi vi è rinchiuso. Presto chiederemo di aprire un tavolo affinché si assicurino le cure del servizio sanitario regionale a tutti i ristretti nel Cie sulla base del principio della universalità delle prestazioni mediche. È poco, ma per chi si trova oggi a Ponte Galeria si tratterebbe di una misura minima di vitale importanza.