Un altro morto a Santa Maria Maggiore. Dopo il giovane marocchino trovato impiccato il 4 marzo scorso, questa volta è deceduto un veneziano, Rino Gerardi, 38 anni ambulante di Castello. Lo hanno trovato senza vita i due compagni con cui divideva la cella del carcere veneziano. Stava scontando una pena per traffico di sostanze stupefacenti e, stando ad una prima ricostruzione, si sarebbe ucciso inalando il gas della bomboletta che tutti i detenuti usano per farsi il caffè o la pastasciutta in cella. Il pubblico ministero Stefano Buccini ha già disposto l'autopsia, che sarà eseguita dal medico legale Silvia Tambuscio.
Senza ombra di dubbio quello del giovane extracomunitario era stato un suicidio, mentre per Gerardi questa certezza non c'è. Sono molti, infatti, i detenuti che utilizzano il gas come si trattasse di una droga, respirando il propano gelido che esce dalle bombole per stordirsi, per diventare euforici. Ma naturalmente rovina le vie respiratorie e soprattutto è pericoloso se utilizzato con un sacchetto di nylon attorno alla testa in modo che non si disperda.
E Gerardi, presumibilmente, è stato avvelenato dal gas che aveva inalato per stordirsi. Insomma, non voleva uccidersi, quindi potrebbe essere stato un incidente di percorso. Il medico legale Silvia Tambuscio dovrà stabilire se davvero è stato il gas ad ucciderlo, intanto il pubblico ministero Buccini, già domenica pomeriggio, ha interrogato i due compagni di cella e gli agenti della Polizia penitenziaria che sono intervenuti immediatamente dopo l'allarme dato da uno dei detenuti. E sono proprio queste prime testimonianze a far escludere, per il momento, l'ipotesi del suicidio.
Non aveva manifestato questa intenzione neppure poco prima di mettersi quel sacchetto in testa e aprire la bomboletta. In tre mesi è il secondo morto in un carcere che scoppia: in questi giorni i detenuti sono 325, quando al massimo le celle potrebbero ospitarne 180, siamo quasi al doppio della capienza.
Nelle celle, ormai, ci sono i letti a tre piani e c'è chi dorme col materasso gettato a terra. Inoltre, vista la carenza d'organico tra gli agenti di custodia, molte attività sono praticamente bloccate. Dunque, è doppia la pena per chi è rinchiuso a Santa Maria Maggiore: c'è la limitazione della libertà, decisa dai giudici di Tribunali e Corti, e il sovraffollamento, la promiscuità, l'assenza di diritti, imposta dalle condizioni disumane di molte carceri italiane. Per il detenuto marocchino deceduto tre mesi fa, intanto, è giunta agli sgoccioli l'inchiesta del pubblico ministero Massimo Michelozzi.
Inizialmente erano due le persone indagate per concorso in omicidio colposo, il comandante della Polizia penitenziaria veneziana e l'ispettore di turno quel giorno. Adesso sono diventati cinque, ai primi due si sono aggiunti altri agenti di custodia, ma sarà necessario attendere il deposito degli atti per saperne di più. Gerardi era entrato per la prima volta in carcere sette anni fa nell'ambito di un'indagine del pubblico ministero Francesco Saverio Pavone alla quale aveva collaborato anche la Dea statunitense. Il veneziano aveva avuto un ruolo marginale, ma l'operazione aveva fatto finire in manette Besnik Mukataj, un pizzaiolo che da Jesolo gestiva addirittura un traffico di droga con gli Stati Uniti, scambiando eroina e hascisc per cocaina. Altri spacciatori erano stati bloccati a Castelfranco Veneto, a Parma, a Bologna e ad Imperia.