La scena si ripete da giorni all'aeroporto di Lampedusa. A gruppi di quaranta o cinquanta, scortati dagli agenti di sorveglianza, giovani uomini dall'aspetto inconfondibilmente maghrebino - senza neppure un bagaglio a mano, perché approdati qui laceri e nullatenenti - vengono fatti salire su appositi velivoli che li attendono sulla pista.
Indossano tute e scarpe da ginnastica. Nello sguardo quasi tutti hanno l'eccitazione per il primo viaggio aereo della loro vita. Vengono sparpagliati con la massima riservatezza in diverse città italiane, dove un interprete della locale Questura metterà in mano a ciascuno di loro il "Decreto di respingimento" e gli comunicherà che ha a disposizione cinque giorni per lasciare il territorio nazionale. Poi, chi si è visto si è visto.
Alcuni hanno già in animo di raggiungere la Francia o la Scandinavia - spiegano i poliziotti - ma la maggioranza si fermerà tra noi in cerca del benessere finora mai conosciuto. Sono quasi tutti tunisini, più una quota minore di marocchini. Perché i nigeriani, i somali, gli eritrei cui potrebbe venir riconosciuto lo status di rifugiati politici erano già stati selezionati all'arrivo, destinati in altri centri d'accoglienza. Come pure le donne e i bambini.
Il ponte aereo di Lampedusa si è ormai concluso quando il ministro dell'Interno, fra Roma e Varese, adopera il suo alto incarico per seminare allarme. Indicando la data fatidica del 26 aprile, cioè ieri, come quella in cui lo Stato sarà costretto a rilasciare di colpo "1038 clandestini, cui ne seguiranno altri 277 nelle due prossime settimane".
Ciò per accusare una parte del Pdl di essersi alleata alla Camera col Pd. I leghisti definiscono addirittura "indulto mascherato" la mancata proroga da due a sei mesi del trattenimento nei Centri di Identificazione e Espulsione per gli stranieri privi di documenti in regola. Lamentano questa domenica di scadenza termini come la "Festa di Liberazione degli immigrati clandestini".
Mentre La Padania fa il suo mestiere - cioè propaga la paura - il Cie lampedusano di contrada Imbriacola vive un raro momento di decongestione, dopo l'incendio e la rivolta dei mesi scorsi, quando il sovraffollamento lo aveva reso invivibile. Non vi restano più di duecento reclusi - al di là del nome si tratta di una prigione - perché gli africani sopravvissuti alla traversata del Canale di Sicilia possono essere accusati al massimo di un'infrazione.
La legge consente di trattenerli per indagini (quasi impossibili) sulla loro identità, ma è impensabile che il loro reato giustifichi sei o diciotto mesi di carcere. In ogni caso, scaduto quel termine indicato come massimo da una direttiva del Parlamento europeo, solo per chi sia stato riconosciuto come elemento pericoloso è verosimile effettuare il dispendioso riaccompagnamento coatto in patria.
Dunque il Cie di contrada Imbriacola, sorvegliato da forze di sicurezza in numero largamente superiore agli "ospiti", drammatizzato come ultima trincea della Fortezza Europa, era comunque destinato a un tale periodico svuotamento. Alla chetichella. Mentre dall'altra parte di Lampedusa sono già allestiti i prefabbricati del nuovo Cie nella caserma Loran che oggi ospita però solo una ventina di nigeriani sopravvissuti alla disavventura del mercantile Pinar.
Li ho visti seguire un corso d'italiano: seguirà foglio di via anche per loro, che ricorderanno sempre Lampedusa come la porta della vita? Qualcuno crede davvero che dopo il coraggio dimostrato traversando il deserto e il mare, si faranno spaventare dalla "cattiveria" di Maroni?
Di fronte a una crescita esponenziale degli sbarchi sulle coste italiane, dovuta non a complotti ma all'accentuarsi di un flusso migratorio epocale, il timore è che semmai la "cattiveria" non si manifesti solo come allarmismo ma più concretamente come disposizioni amministrative sui salvataggi. I lampedusani, ad esempio, sono stupiti del fatto che da qualche tempo i gommoni dei migranti giungano di nuovo fin sulle spiagge meridionali dell'isola.
Possibile che vi sia una minore solerzia nell'andare a recuperarli in mezzo al mare, una volta individuati sul radar? Speriamo che questo rimanga solo un pensiero cattivo: la storia del Novecento ci rammenta che indurire l'animo di fronte alla sorte degli "altri" più sfortunati non aiuta a migliorare la propria. Semmai l'incomprensione di un evento così doloroso e complesso come l'emigrazione rischia di ottenebrarci, riducendo con il nostro buon senso anche le nostre difese.
Il 26 aprile 2009 non verrà dunque ricordato né a Lampedusa, bellissima sentinella della nostra civiltà, né altrove più a Nord come la Festa della Liberazione degli immigrati clandestini. Per il semplice fatto che i Centri di Identificazione e Espulsione tratterranno i migranti irregolari due mesi o sei mesi, lo stabilirà il governo, e non è questione secondaria di civiltà giuridica visto che non si tratta di delinquenti. Ma poi, trascorsi due o sei mesi, in ogni caso dovranno rimetterli fuori. Una commedia utile solo a saziare l'opinione pubblica, dopo averla incoraggiata a considerare i disperati del mare come rifiuti da smaltire piuttosto che persone.
Probabile che nel governo prevalga l'idea di replicare la commedia, anche se il copione non consente di espellere "per davvero" più di un irregolare ogni mille, come dimostrano le statistiche: la media è di 6 mila accompagnamenti alla frontiera annui. Che possa essere vantaggioso ai fini della sicurezza far emergere i senza documenti, indicando loro un percorso severo ma certo di regolarizzazione, non rientra nei programmi. Meglio strillare all'invasione che nel frattempo, com'è ovvio, proseguirà.