E' stato trovato morto ieri mattina, dai suoi compagni di camerata nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, alle porte di Roma, in una delle tante gabbie in cui sono costretti uomini e donne colpevoli solo di non avere un permesso di soggiorno in tasca. Si chiamava Soudami Salah, era algerino e aveva 42 anni, da due giorni era stato trasferito, per ragioni ancora da appurare dal Cie di Modena a quello di Roma, insieme alla sua cartella clinica. A detta del direttore del centro era in cura, seguiva una terapia con psicofarmaci, ed è questo l'unico elemento in cui le versione fornite dagli amici di Soudami e la direzione del centro, coincidono. Secondo i testimoni, tutti trattenuti, che hanno denunciato l'accaduto, la notte precedente aveva lamentato un malore, con forti dolori allo stomaco. Portato in infermeria era stato immediatamente invitato a tornare in stanza, pare che gli sia stato detto: «Non hai niente. Fingi perché vorresti scappare. Vatti a far curare nel tuo paese». Sempre secondo il racconto di alcuni "ospiti" del centro, che hanno raggiunto telefonicamente alcune emittenti radiofoniche, la Regione, per prima, l'agenzia peacereporter , Soudami era tornato in stanza dopo essere stato malmenato dagli agenti di polizia. Ieri mattina l'epilogo: «Quando ci siamo svegliati era immobile, aveva il volto gonfio e i piedi di colore bluastro - racconta un altro trattenuto - abbiamo chiamato la croce rossa e quelli che sono venuti continuavano a dire che fingeva. C'è stato anche chi ha toccato il corpo con un piede per farlo svegliare, ma era ormai morto».
Divergono ovviamente le dichiarazioni di Fabio Ciciliano, direttore del centro in qualità di responsabile dell'ente gestore, la Croce Rossa Italiana, secondo cui l' "ospite" la sera si era fatto visitare ma non aveva subito maltrattamenti, ha avuto una crisi cardiaca ieri intorno alle 9.30 ma, nonostante l'intervento delle strutture del centro è deceduto un ora dopo. Immediate le reazioni di chi, da sempre considera i Cie, - un tempo Cpt - una aberrazione del diritto foriere solo di lutti. Tanto Roberta Fantozzi della segreteria nazionale del Prc, quanto Ivano Peduzzi capogruppo alla regione del partito, hanno chiesto che immediatamente si faccia chiarezza sull'accaduto definendo intollerabile il clima del centro in cui si vanno perdendo anche le poche condizioni di trasparenza nella gestione. «Era possibile salvare quella vita?» si domanda Peduzzi, «Da cosa deriva la crescente militarizzazione del centro?» rincara Fantozzi? Anna Pizzo, consigliere regionale per "La sinistra" ha presentato in aula una mozione in cui si chiede al presidente della Giunta di farsi interprete, presso le autorità competenti, dal ministero alla direzione del centro delle preoccupazioni espresse dai consiglieri, a sollecitare una versione ufficiale chiara sugli eventi e a decidere con procedura di urgenza, un sopralluogo della Regione al più alto livello. L'Arci, ha espresso viva preoccupazione e ha chiesto la formazione di una inchiesta interna per appurare i fatti. Una delegazione di cui facevano parte tanto Peduzzi che Pizzo era già entrata nel Cie dopo un ora e mezza di trattative con uno zelante funzionario deciso a impedire l'accesso al centro. Una visita sui generis, in cui i consiglieri sono stati perennemente seguiti dagli agenti e conclusasi con il sequestro di foglietti e blocchetti su cui alcuni migranti si erano permessi di scrivere il proprio nome.
E mentre già quattro testimoni, correndo seri rischi, hanno rilasciato dichiarazione scritta sugli eventi di ieri, è straziante e inaccettabile la situazione della compagna di Soudami, Maria, cittadina equadoregna regolarmente presente in Italia. «Mi hanno detto che la salma era al Policlinico Gemelli - racconta furiosa - ci sono andata e non ce ne era traccia. Sono in autobus e non so dove l'abbiano portato. Siamo persone anche noi, perché ci trattano come bestie?». In attesa delle indagini e dell'esame autoptico, sorge il dubbio che se c'è stata, come sembra, omissione di soccorso, è difficile non legare il fatto ad una scadenza ravvicinata. Il 31 marzo scadrà infatti la convenzione fra Cri e Prefettura, che garantisce ai gestori di ricevere 47 euro per ogni trattenuto, al giorno, in una struttura capace di ospitare 364 persone. Secondo indiscrezioni la convenzione non verrà rinnovata: si racconta di enti disposti a prendersi l'appalto per la gestione a costi ridotti.
La morte che arriva nel Cie romano fa il paio con quanto accaduto sempre in questi giorni nel centro per richiedenti asilo di Bari. Dopo la morte di una ragazza nigeriana di 20 anni, per una Tbc non curata, per paura di essere espulsa grazie ad un pacchetto sicurezza ancora non approvato, è stata data ieri la notizia che una delle interpreti del centro era stata contagiata. Sarà curata facilmente ma si tratta comunque di un'altra vittima del clima di paura che si è instaurato nel paese.
Un clima che ha portato anche l'Ilo (Organizzazione Internazionale del lavoro), agenzia Onu a esprimere forte e dura preoccupazione per "l'incidenza della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani in Italia". Parole dure e nette che paragonano la situazione italiana a quella di paesi come il Burkina Faso, il Camerun, l'Uganda. Il testo, redatto da 20 giuslavoristi, afferma che l'Italia contravviene alla convenzione 143, sulla promozione delle pari opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti. È lunga la lista di critiche che l'Ilo come altre agenzie Onu rivolgono al governo italiano, in una rapporto che si conclude con una richiesta perentoria, quella di rispondere punto per punto alle osservazioni fatte entro il 2009.