Si è tolto la vita in cella impiccandosi. Il dramma interiore, che si è concluso giovedì sera con il suicidio, di un cittadino extracomunitario ha scatenato un bel po' di confusione nella Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore. Per tutta la giornata il pubblico ministero Stefano Michelozzi ha compiuto sopralluoghi e sentito testimoni e custodi della struttura.
Se una persona decide di farla finita in casa sua, la Procura viene coinvolta solo marginalmente dal fatto, ma se una persona è sotto la custodia di una struttura statale, devono scattare accertamenti puntuali. Perché, anche se questa eventualità è in genere molto remota, potrebbero configurarsi responsabilità penali nei confronti di terze persone.
È ancora troppo presto per comprendere le modalità e le motivazioni, dal momento che non si conosce quasi nulla della storia personale della vittima. Tutto ciò che si sa è che era un cittadino tunisino dell'età di circa 30 anni, che stava scontando una condanna per reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti. In carcere a Venezia non era un personaggio conosciuto, anche perché risultava essere arrivato non da molto tempo perché trasferito dalla struttura di Reggio Emilia. In base a prime indiscrezioni, le persone che lo conoscevano un poco avrebbero affermato che avesse qualche problema di natura psicologica.
Questo aspetto tenderebbe ad escludere a priori ogni aspetto connesso alla vivibilità delle strutture carcerarie italiane, più volte al centro di polemiche a causa di un sovraffollamento endemico. In ogni caso, la Procura ha deciso di vederci chiaro e ha disposto tutti gli accertamenti possibili.
"Se una persona decide di togliersi la vita - ha commentato il Procuratore capo, Vittorio Borraccetti, è un dramma umano grandissimo ma non ha una grande rilevanza per l'amministrazione della giustizia. Diverso è il caso in cui muore suicida una persona affidata allo Stato. In questo caso è doveroso compiere ogni accertamento nel modo più rigoroso possibile. Dovremo cercare di conoscere tutto sulla sua vita per capire che cosa abbia portato quella persona a compiere quel gesto. Solo alla fine valuteremo se possono esistere eventuali profili di responsabilità".
Da quanto è dato sapere, la vittima non sembra fosse in regime di isolamento e pertanto potrebbero esserci delle persone che hanno assistito al gesto. Il dottor Michelozzi ha già disposto l'autopsia per chiarire le cause di morte e se in precedenza aveva assunto medicinali o sostanze velenose o tossiche.
Proprio una decina di giorni fa la Cgil aveva denunciato gravi problemi all'interno del carcere, dovuti prima di tutti al sovraffollamento da parte di detenuti appartenenti a 22 etnie differenti. Secondo i calcoli del segretario provinciale Salvatore Lihard, mancherebbero una sessantina di agenti di polizia penitenziaria nella sezione maschile e una ventina in quella femminile.