L'analisi di Ornella Favero, coordinatrice di Ristretti Orizzonti: "Oggi si fa quello che la gente vuole, non quello che è meglio e con il concetto di emergenza si giustificano soluzioni mai definitive, dagli stupri alle ronde".
"Una catastrofe": così Ornella Favero, coordinatrice di Ristretti Orizzonti, commenta i contenuti del decreto sicurezza approvato venerdì scorso. Il giudizio negativo viene poi esteso anche al disegno di legge sempre in materia di sicurezza in via di approvazione. Il problema, secondo l'esperta, sta nel concetto di "emergenza" che giustifica la scelta di soluzioni mai veramente definitive. A partire dall'emergenza stupri, che in realtà emergenza non è: "Da più parti è confermato che il trend non è assolutamente in aumento" spiega Favero.
Proprio dalla questione delle violenze sessuali parte l'analisi della coordinatrice di Ristretti, che accusa: "Si fa di un reato una categoria, generalizzando le diverse situazioni e togliendo di fatto al giudice la discrezionalità di valutare i singoli casi. Si capisce bene che un ragazzo di quattordici anni presenta una situazione ben diversa da quella di un adulto che compie violenza. Nel primo caso la cosa più opportuna sarebbe certo quella di indirizzare il giovane verso i servizi sociali".
Sul fatto poi che il decreto tolga i benefici agli autori di reati sessuali, Favero fa appello a tutti i dati e gli studi sulla recidiva elaborati dal ministero e ben noti agli addetti ai lavori: "Mi deve essere spiegato come si possono lasciare queste persone in carcere non creando alcun percorso graduale di recupero. Se i detenuti stanno in galera anche cinque anni in più ma senza nessun appoggio o progetto di uscita una volta finita la pena saranno delle bombe a orologeria. Il carcere da solo non serve, ma oggi come oggi si fa quello che la gente vuole, non quello che è meglio".
Una stoccata, poi, va in direzione di un luogo comune collaudato, del tipo "i romeni delinquono qui da noi e non in patria perché là sanno di avere leggi più dure". Ecco la risposta secca: "Non mi pare che lì ci sia proprio un modello di democrazia. Noi non dobbiamo prendere ad esempio situazioni di quel tipo, ma dobbiamo sempre puntare a una giustizia civile".
Altro tasto dolente: le ronde. "Qui a Padova ci sono diversi detenuti che si sono fatti giustizia da sé e sono in carcere per questo: vedo in loro la distruzione conseguente a queste azioni. Dicono che le ronde non saranno questo, ma io penso che se a volte è perfino difficile controllare l'uso della forza da parte di chi garantisce la sicurezza per lavoro, figuriamoci cosa potrebbe succedere con dei privati".
Tutto questo ha a che fare con l'abuso del concetto di emergenza: "In Italia non si parla mai di prevenzione: da una recente ricerca contenuta nel libro "Strage continua" di Elena Valdini (Edizione Chiarelettere) emerge ad esempio che l'Italia nel triennio 2004-2006 non ha investito neanche un centesimo in sicurezza stradale e 90 centesimi per ogni persona nel triennio successivo, mentre in altri Paesi come Svizzera e Svezia si parla di 20 euro a persona. Da noi si fa di questi temi delle emergenze, mentre l'unica soluzione possibile è la prevenzione".