978 immigrati in un Centro progettato per 350. L'impressione è di grovigli umani inestricabili. Le mutande vengono cambiate ogni 10/15 giorni.
Lampedusa, 11 febbraio 2009. La prima cosa che si incontra oltre il cancello presidiato da decine di agenti in assetto antisommossa è la cucina. All'interno su un nastro trasportatore, addetti muniti di cuffia e guanti, confezionano un'insalata. Insieme a una razione di pasta e a un panino è il pasto dei reclusi nel Centro di Identificazione e Espulsione di contrada Imbriacola, a Lampedusa. Si tratta di 978 persone, per circa i quattro quinti tunisini, di sesso maschile, per la grande maggioranza giovani al di sotto dei trenta anni, la gran parte dei quali sono rinchiusi in queste condizioni dal 26/27 dicembre. Il centro era stato progettato per circa 350 persone.
A ognuno viene aggiunta qualche sigaretta che viene prelevata da pacchetti di Winston aperti in un contenitore a fianco della distribuzione del cibo. Le posate sono di plastica in confezione monouso. Quando il pasto arriva nelle mani di chi lo deve consumare è completamente freddo. I trattenuti lamentano sia la scarsità delle razioni che l'insufficienza del loro numero. Il direttore dell'ente gestore - Lampedusa Accoglienza - sostiene al contrario che vengono confezionate cento razioni in più di quelle strettamente necessarie.
La coda per mangiare dà un'impressione di disordine e di ansietà. Il pasto viene consumato in mano, seduti per terra o sui letti. Di una vera e propria mensa non si può parlare. Nelle camerate, uno spazio tra i venti e i trenta metri quadrati, sono ammassate venticinque e a volte più persone. L'ambiente è sudicio e l'aria mefitica. Sui pavimenti rifiuti di ogni genere. Ci sono letti a castello, ma anche chi dorme a terra.
Avanti pochi metri e cominciano le camerate. Non ho preso le misure e quindi non sono certo di essere preciso: ma direi che in uno spazio tra i venti e i trenta metri quadrati sono ammassate 25 e a volte più persone. L'impressione è di grovigli umani inestricabili. Nonostante il vento che entra dalle finestre sfondate con i serramenti divelti, l'ambiente è sudicio e l'aria mefitica Sui pavimenti rifiuti di ogni genere, ovunque. Da quanto tempo nessuno fa alcun genere di pulizie?
In ogni stanza due file fitte di letti a castello: ma forse meno della metà delle persone sono sistemate in questo modo. Sotto i letti e in ogni altro spazio residuo sono infilati in qualche modo delle specie di materassi di gommapiuma. Alcuni hanno semplicemente steso una coperta per terra. Altri materassi occupano le scale esterne in metallo, completamente all'aperto. Mi portano in giro in questo labirinto di giacigli sui quali ogni tanto stanno stese persone con l'aria malata. Molti non chiedono nulla: semplicemente mostrano la loro sofferenza.
Nelle stanze manca la luce. Le plafoniere sono diverte e i fili elettrici pendono pericolosamente dal soffitto. I telefoni a scheda sono letteralmente sradicati dai muri. Alcuni hanno incolpato gli agenti, ma a me pare molto più probabile che si tratti di vandalismo, che peraltro è evidentemente una pratica diffusa e incentivata dal degrado di tutta la situazione. È una situazione nella quale nessuna identità personale è possibile, che costringe gli individui a scomparire e li riduce a una massa anonima nella quale è quasi impossibile riconoscere le singole persone. Letteralmente trattati come bestie.
Mi portano nelle stanze che confinano con i servizi igienici: l'acqua e la pipì filtrano attraverso i muri e imbevono lenzuola e coperte di chi dorme da quella parte. C'è ovunque una puzza di latrina che prende alla gola. Per quanto riguarda l'igiene personale il direttore di Lampedusa Gestione afferma che vengono distribuiti ogni tre giorni kit che contengono due slip e un asciugamano: i trattenuti dicono che le mutande vengono cambiate ogni 10/15 giorni, mostrano i piedi nudi, in molti casi senza calze né scarpe. Quasi tutti chiedono di potersi sbarbare e si lamentano che anche questo gli sia impedito.
Mostrano le barbe e i capelli lunghi e sporchi. Un ragazzo che parla un francese perfetto e che sicuramente ha alle spalle studi superiori mi dice che sarebbero, disposti a rasarsi a turno, sotto il controllo del personale di vigilanza, senza naturalmente trattenere i rasoi che potrebbero diventare uno degli strumenti di quell'autolesionismo che molti hanno già usato e ancora useranno pensando di arrivare in questo modo dove non riescono con altri. Alcuni mostrano ferite e chiedono di essere accompagnati in infermeria. Altri sostengono che i medicinali, quando vengono dati, prescindono completamente dalle diverse situazioni personali. Alcuni pensano che col cibo vengano somministrati dei calmanti.
Quanti hanno fatto richiesta di asilo sono tenuti insieme a tutti gli altri, senza nessuna distinzione. Molti dichiarano di non aver avuto in oltre 45 giorni di trattenimento alcuna informazione su diritti e doveri, né alcuna possibilità di disporre degli strumenti per far valere le proprie ragioni e ricorrere attraverso la giurisdizione avverso le decisioni considerate ingiuste.
A mia richiesta nessuna delle persone con le quali ha parlato ha detto di aver potuto incontrare un legale, né d'ufficio né naturalmente di fiducia. D'altra parte nell'incontro con i responsabili del centro e con i volontari era stato detto che il primo volantino era ancora in stesura. Qualcuno parla italiano e un certo numero di persone ha una discreta conoscenza del francese, la maggioranza delle persone non parla che arabo. Non parliamo delle informazioni sui rapporti del governo italiano con la Tunisia riguardanti il loro rimpatrio: le voci sono indubbiamente circolate e la mancanza di una informazione adeguata ha contribuito e contribuisce ad aumentare la tensione.
Neanche da pensare a radio, televisioni o a qualsiasi altro tipo di attività ricreativa. Quello che appare - a mio parere senza ombra di dubbio - è non solo il sovraffollamento, ma una struttura e un'organizzazione pensata per brevi soggiorni di pochissimi giorni di persone che venivano rapidamente trasferite a altri Centri, e ora impiegata senza alcun mutamento per gestire trattenimenti per periodi molto lunghi e con le caratteristiche a tutti gli effetti di una vera e propria reclusione. Il quadro che ne emerge è quello di un degrado dove qualsiasi diritto è violato e nel quale è l'umanità delle persone ad essere cancellata.