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Bologna: detenuto muore inalando il gas in cella, per stordirsi
di Carlo Gulotta
Fonte: La Repubblica, 25 novembre 2008
25 novembre 2008

Lo "sballo dei poveri" uccide ancora una volta in carcere. Domenica sera, verso le 23, un detenuto marocchino è morto dopo aver sniffato ripetutamente il contenuto di una bomboletta di gas da campeggio nel tentativo di stordirsi. Era già successo nell'agosto di tre anni fa, e anche allora fu il gas ad ammazzare un detenuto che aveva chiesto di venire alla Dozza per stare vicino alla madre, anche lei agli arresti.

Ancora una volta si ripropone il problema della qualità della vita e della sicurezza per gli ospiti della Dozza, sovraffollata ormai oltre limiti tollerabili: i detenuti sono oggi 1.060, di cui 700 immigrati, in una struttura che secondo il regolamento non dovrebbe superare la capienza massima di 700 persone. La ricerca dello sballo oltre il muro del penitenziario stavolta ha ucciso un giovane marocchino, Kamel A. 23 anni, precedenti per spaccio, e a dare l'allarme è stato il suo compagno di cella, che ha riferito agli inquirenti di averlo visto sniffare più volte il butano del fornellino da campeggio che il carcere fornisce ai detenuti per riscaldare i cibi.

Kamel, che avrebbe finito di scontare la pena nel giugno del prossimo anno, a un certo punto è entrato in bagno, è passato qualche istante, e il compagno di cella, preoccupato, quando è entrato a sua volta lo ha trovato sul pavimento, con la bomboletta ancora vicina al viso. I soccorsi sono stati rapidi quanto inutili: Kamel era già morto. Una telefonata della direzione ha avvertito il pm di turno, Luca Tampieri, che ha fatto acquisire il carteggio del detenuto, ha chiesto una relazione dettagliata sui fatti alla Polizia Penitenziaria e ha disposto l'autopsia per accertare le cause esatte della morte.

Alla Dozza parlano di "decesso imprevedibile": Kamel non avrebbe mai dato segni di depressione, né aveva compiuto quei gesti di autolesionismo purtroppo assai frequenti fra gli ospiti di una struttura chiusa quale è il carcere. In mattinata, ieri, il neo-direttore Luca Candiano ha informato il garante per i diritti dei detenuti Desi Bruno. Secondo il provveditore regionale alle carceri Nello Cesari non c'è un allarme-suicidi alla Dozza: sette quelli sventati dai poliziotti penitenziari nell'anno in corso, uno solo riuscito, quello dell'altra notte.

"Nelle carceri italiane ci si uccide 11 volte di più rispetto all'esterno - attacca Desi Bruno - e inevitabilmente, anche alla Dozza, le condizioni di superaffollamento influiscono in modo negativo sulla qualità della vita dei detenuti e anche delle guardie (che sono sotto di 200 unità) e sugli standard di sicurezza. Sono troppe le cose che non funzionano in via del Gomito: ci sono due soli mediatori culturali per 1.060 detenuti, uno psicologo, uno psichiatra. Il rischio suicidano è purtroppo elevatissimo e bisogna fare di più sul piano della prevenzione. Per non parlare dell'impianto di riscaldamento, che funziona poco e male: l'ho potuto constatare io stessa in una visita alla Dozza venerdì scorso".

Secondo il garante, il rischio di suicidio è particolarmente elevato fra le persone in attesa di giudizio, alla Dozza i tre quarti della popolazione carceraria. "Servono investimenti sulle strutture ma soprattutto sulla prevenzione dei rischi di suicidio - dice il garante - e lo ripeterò, ancora una volta, al comitato locale per l'area dell'esecuzione penale esterna presieduto dalla vicesindaco Scaramuzzino.