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Sassari: processo su maxi-pestaggio; il racconto della direttrice
di Daniela Scano
Fonte: La Nuova Sardegna, 10 novembre 2008
10 novembre 2008

Era presente solo perché le era stato ordinato, nel corso delle operazioni non sentì urla di dolore o invocazioni di aiuto, in sua presenza non ci furono pestaggi. Non cambia dopo otto anni la verità di Maria Cristina di Marzio, nel 2000 direttrice della Casa Circondariale di San Sebastiano. Ieri la funzionaria ha testimoniato al processo di primo grado a nove, tra ispettori e agenti, accusati di avere partecipato a quella che secondo una sentenza definitiva (che condannò anche Di Marzio a una pena lieve) fu una memorabile punizione collettiva di detenuti che avevano messo in imbarazzo i vertici dell'amministrazione.

"Verità ostinatamente negata - scrisse il giudice Giovanni Antonio Tabasso, estensore delle motivazioni della sentenza d'appello - ma che una serie di gravi elementi conclama". Maria Cristina Di Marzio si è presentata puntuale all'appuntamento con i giudici (presidente Massimo Zaniboni, a latere Spanu e Lupinu) che stanno processando i poliziotti penitenziari Mario Casu, Pietro Casu, Paolo Lai, Mario Loriga, Alessio Lupinu, Pietro Mura, Antonio Muzzolu, Giuseppe Renda e Renato Sardu.

La ex direttrice era stata citata dall'avvocato Antonella Cuccureddu, difensore di due imputati. Il processo ordinario di primo grado è alle battute conclusive. La sentenza arriverà due anni dopo il passaggio in giudicato della condanna dei principali protagonisti: l'ex provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, Giuseppe Della Vecchia; la direttrice Di Marzio ed Ettore Tomassi, comandante della casa circondariale sassarese. Contrariamente all'unica verità processuale, secondo cui il pestaggio nel carcere di "abuso di autorità contro detenuti", la direttrice ha descritto una "normale" maxi perquisizione dell'istituto. Una operazione, sfociata nel trasferimento di una ventina di detenuti, alla quale Maria Cristina Di Marzio sostiene di avere assistito come testimone.

Un trasferimento in massa deciso da Giuseppe Della Vecchia, al quale la ex collaboratrice ha attribuito il ruolo di organizzatore e di coordinatore. "Il provveditore Della Vecchia era seccato per le condizioni in cui aveva trovato l'istituto durante la visita di alcuni parlamentari, ma era anche preoccupato per le voci di una nuova imminente protesta - ha detto Di Marzio -. Fu lui a decidere la perquisizione, a contattare gli agenti (una ottantina ndc) degli altri istituti e a coordinare le operazioni.

Il 3 aprile 2000 Della Vecchia mi annunciò il suo arrivo dicendo tu non fare niente, aspetta che arrivi io". Fu in quella occasione che Di Marzio conobbe Ettore Tomassi, l'ispettore arrivato da Benevento per sostituire il comandante Capula, indotto dal provveditore Della Vecchia ad anticipare il congedo. Raccontando della famosa riunione nella rotonda del carcere, che precedette lo sfollamento (e durante la quale secondo il pm Gianni Caria sarebbe stato messo a punto il pestaggio), Maria Cristina di Marzio ha detto di ricordare una folla indistinta di più di cento agenti.

"Parlò solo il provveditore che presentò Tomassi come il nuovo comandante - ha detto ancora la direttrice -. Della Vecchia invitò gli agenti arrivati da fuori a seguire gli ispettori sassaresi. In quel momento tutti si misero in movimento". La funzionaria ha detto di non sapere se gli agenti obbedirono a ordini prestabiliti e, comunque, ha negato di avere assistito a pestaggi e altre violenze. "Tutti i detenuti erano vestiti e camminavano con le loro gambe - ha raccontato -. Erano circondati da agenti e accompagnati con una certa energia e rapidità". A precise domande dell'avvocato Cuccureddu, Di Marzio ha negato di avere visto feriti e di avere sentito invocazioni o urla di dolore. Questa, del resto, è sempre stata la linea difensiva della direttrice. Il processo prosegue.