La rivolta scoppiata giovedì scorso nel Cpt di Elmas era nell'aria. La struttura è sovraffollata e i migranti rinchiusi vivono in condizioni non certo ottimali. Senza troppi giri di parole si tratta di una prigione con qualche servizio più dignitoso. In più molti di loro sono in attesa di capire se avranno diritto all'asilo politico o se saranno costretti al rimpatrio. I disordini sono scoppiati al secondo piano. Ottantasette algerini, rinchiusi da settimane, hanno devastato gli ultimi due piani dell'edificio rendendolo inagibile.
Sono volate le porte, le finestre, sono stati divelti i sanitari, distrutte le telecamere del controllo a circuito chiuso. Gli scontri sono durati tutta la notte e nessun osservatore esterno ha potuto verificare come siano andate realmente le cose. Pare che la scintilla sia scoppiata quando un gruppo di algerini ha incontrato fuori dalla mensa dei somali in attesa di asilo politico. Qualche parola di troppo e quindi la rissa. I poliziotti in servizio non sono stati in grado di tenere sotto controllo la situazione e hanno chiesto rinforzi. Il problema vero è l'aumento dei tempi di permanenza nei centri di identificazione dovuto alla nuova normativa per gli accoglimenti delle richieste d'asilo. Nel centro di Elmas, 234 persone, trasferite da Lampedusa, sono in attesa di beneficiare del provvedimento.
Ieri un gruppo di antirazzisti è riuscito a raggiungere il cancello d'ingresso del centro, in territorio militare, srotolando striscioni sui reticolati e scandendo slogan al megafono in inglese, francese e italiano, in solidarietà con gli insorti. Il gruppo dei manifestanti si è poi spostato, scortato da numerose auto di polizia e carabinieri, sino al vicino aeroporto civile, dove è avvenuto un volantinaggio.
"Lo chiamano Centro di accoglienza ma è peggio di una prigione", scrivono i manifestanti. "È accanto a noi ma risulta invisibile, chiuso com'è nella zona militare dell'aeroporto di Elmas, circondato da filo spinato e sorvegliato dai soldati in armi della brigata Sassari. All'interno dell'edificio sbarre alle finestre e telecamere ovunque, nessuno sguardo indiscreto può superare queste barriere per stabilire cosa succede al suo interno". In un intero piano di una ex caserma trasformata in prigione, un centinaio di esseri umani vive rinchiuso da settimane, ammassato in grandi cameroni stipati di letti a castello, sani e malati a strettissimo contatto, denuncia il comitato antirazzista. Una settimana fa si sono verificati alcuni casi di tubercolosi.
Sono 1.200 i migranti sbarcati in Sardegna dall'inizio dell'anno. Il fenomeno si mostra però più contenuto rispetto al 2007 quando, soprattutto sulle coste sud-occidentali dell'isola, arrivarono 1.547 immigrati, provenienti in gran maggioranza dall'Algeria e, solo in parte, dalla Tunisia. Il calo degli arrivi, evidente già ad agosto con 509 sbarcati a fronte dei 619 dell'anno precedente, si registra, in particolare, in quest'ultimo mese: 41 contro i 356 del settembre di un anno fa. In crescita, invece, la presenza femminile e quella dei bambini. Se nel 2007 raggiunsero l'isola solo 2 donne, quest'anno ne sono arrivate già 20 con altrettanti minori.
Riflessioni dopo la rivolta dei migranti nel Cpa di Elmas
Dopo la rivolta dei migranti nel Cpa di Elmas, dopo i quattro casi di tubercolosi che aprono la strada ad un rischioso pericolo di malattie infettive, dopo la protesta dei sindacati di polizia Coisp e Siulp, che denunciano costanti violazioni delle norme sulla sicurezza, mi chiedo quale sia la reale natura del Cpa di Elmas, siamo sicuri che questo centro rispetti gli standard richiesti e previsti negli ordinari Cpa? Siamo sicuri che non sia solo una galera speciale per migranti?
A detta dei sindacati, il Cpa di Elmas, è un ambiente fatiscente e privo delle più elementari norme igieniche, di conseguenza, ne dovremmo dedurre che anche le condizioni di vivibilità della struttura da parte dei migranti siano precarie e difficili. I parlamentari del Pd, Pes, Melis, Schirru e Calvisi, che hanno visitato il centro nei primi giorni di Settembre, non hanno fatto un analisi seria e corretta delle condizioni dei diritti umani e civili dei migranti del centro. Di fatto hanno promosso la funzionalità di questo centro dichiarando che "le condizioni della struttura "sembrano" all'altezza degli standard previsti da altre strutture nazionali".
Questo centro rappresenta solo una galera. Perché non possiamo legare la dimensione dell'accoglienza e della solidarietà, con la dimensione della restrizione della libertà personale e la limitazione dei diritti dei migranti. Ritengo che i movimenti, le associazioni e i singoli cittadini sensibili alla questione dei diritti dei migranti, su questo centro, dovrebbero cominciare un percorso di discussione e analisi critica.
Roberto Loddo
Associazione 5 Novembre "Per i Diritti Civili"