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Forlì: purtroppo è vero, "drogato" fa morte inumana in cella
Fonte: Ristretti Orizzonti, 6 settembre 2008
6 settembre 2008

La prima segnalazione, arrivata ieri mattina, descriveva uno scenario così vergognoso da sembrare quasi incredibile, tanto che abbiamo riportato la notizia in maniera molto asciutta e prudente, invitando però i nostri lettori a darci una mano per fare luce sul caso della "presunta morte" di un detenuto nel carcere di Forlì.

Molti di voi si sono attivati - per questo vi diciamo un "grazie" collettivo - ed è arrivata, purtroppo, piena conferma a ciò che non volevamo fosse vero: una morte orribile, che fa venire in mente i peggiori racconti dei manicomi e dei lager, di internati espropriati della dignità umana, di "regole" e "abitudini" che schiacciano ogni residuo di sensibilità e finiscono per giustificare anche l'ingiustificabile (leggete l'articolo della "Voce di Romagna", sotto riportato).

Ma cosa stanno diventando le carceri italiane? Dei manicomi? Dei "Centri di detenzione per immigrati", come ha detto Luigi Pagano, Provveditore Regionale del Dap per la Lombardia? Dei lazzaretti, nei quali relegare i "drogati"? Dei "grandi depositi di carne umana", come denuncia il sociologo svedese Thomas Mathiesen?

Adolfo Ferraro, direttore dell'Opg di Aversa, ha dichiarato ieri - con evidente sollievo - che con la riforma della sanità penitenziaria è diventato primario dell'Asl e, quindi, ora può anche "rifiutare nuovi ricoveri, se in Opg non c'è posto". Nel frattempo, il direttore di un altro carcere, quello di Sulmona, denuncia l'insufficiente assistenza psichiatrica per i detenuti, tanto da ritenere l'istituto che dirige "inadatto ad accogliere soggetti psicotici".

Infine, il Sindacato della Polizia Penitenziaria Osapp rivela lo scandalo del carcere di Aosta, dove nel mese di agosto ci sono state "162 ore di vuoto sanitario", perché "tutti i medici erano in ferie e il dirigente sanitario assente per malattia". Ad Aosta sono recluse 150 persone e, per 8 giorni consecutivi, hanno dovuto "essere sani"... per forza!

Agosto è finito ("grazie a Dio", pensano i detenuti, sopravvissuti anche quest'anno all'abbandono... feriale), sono tornati al lavoro i medici e gli altri operatori, i giudici, e anche gli amministratori e i politici.

Quello che chiediamo a tutti - al di fuori da ogni retorica - è di prestare molta molta attenzione a ciò che sta succedendo nelle carceri, a ciò "che stanno diventando" le carceri italiane, perché se tutti auspicano una "rieducazione" dei detenuti è improbabile si riesca a realizzarla se gli istituti di pena assomigliano sempre di più a dei manicomi, o a dei lazzaretti. Tragedie come quella di Forlì non rappresentano la norma - e ci mancherebbe altro! - però possono succedere, come si è visto succedono, e già questo è inaccettabile, per noi e per tutti coloro che credono - con Voltaire e Dostoevskij - che "il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri".


Francesco Morelli, di Ristretti Orizzonti


Articolo de "La Voce di Romagna" del 29 agosto 2008


Dramma in cella. Franco Paglioni, 44 anni, in carcere da pochi giorni, è morto il 25 agosto abbandonato alla sua malattia e tra le sue feci. I detenuti, compagni di cella, denunciano: "Una fine assurda, stava male, ma nessuno l'ha curato. Episodi come questi, non devono succedere Neanche i cani si abbandonano così, si curano. E lui era una persona".

Paglioni era entrato in via della Rocca il 21 agosto scorso per spaccio di droga. È morto tra le sue feci, dopo giorni di agonia e di richieste di aiuto cadute nel vuoto. È morto il 25 agosto in carcere, tra la rabbia e il disappunto dei compagni di cella. Una fine disumana, quella di Franco Paglioni, 44 anni, dentro per droga, tanto disumana da sollevare le proteste degli altri carcerati. Franco Paglioni era finito in carcere pochi giorni prima per spaccio. Stando al racconto dei compagni di cella, appena arrivato in via della Rocca, il detenuto è stato sottoposto ad una visita medica perché già accusava forti dolori.

"Stava talmente male - scrivono i detenuti dal carcere - che non poteva alzarsi dal letto e neppure mangiare. I suoi piatti rimanevano quindi pieni, e l'assistente di turno, anziché preoccuparsi, ordinava di mettere il cibo nuovo sopra a quello vecchio. In quei giorni di detenzione andava avanti solo a tè o camomilla, grazie ad un detenuto che ogni sera gli preparava gli infusi. Abbiamo chiesto più volte alle guardie di turno l'intervento urgente di un medico per Paglioni, ma nessuno si è mai visto e l'infermiere che è passato in sezione per la consegna della terapia per ben 2 volte (alle 20.30 del 24 sera e alle 7.30 del 25 agosto), non si è preoccupato neppure di chiamarlo nonostante l'uomo, perché è di questo che stiamo parlando, stesse già malissimo".

Franco Paglioni aveva problemi di droga. Era uno di quei detenuti che entrano ed escono dal carcere. L'ultimo arresto, risale al 21 agosto. Era uscito dal carcere con l'indulto e si pagava l'albergo con i soldi dello spaccio di eroina. Così è finito di nuovo in cella, con l'accusa di aver allestito un micro mercato di spaccio proprio nelle viuzze intorno alla Questura. L'uomo, già condannato per una serie di reati tra cui rapine e furti, era stato anche in comunità di recupero, poi era stato ospite di un amico col quale aveva litigato, fino ad alloggiare in un hotel del centro storico dove aveva l'obbligo di farsi trovare dalle 10 di sera fino alle 7 del mattino (era stato colpito da un provvedimento di restrizione della libertà). Obbligo che non rispettava, dando nell'occhio per i suoi continui contatti con tossicodipendenti del posto. Da qui, l'ennesimo ingresso nella casa circondariale forlivese di via della Rocca, dove nel giro di pochi giorni è deceduto.

"Il fondo è stato toccato la mattina del 25 agosto - lamentano i compagni detenuti che si firmano con nome e cognome -, quando il lavorante davanti alla cella ha fatto presente lo stato del Paglioni, riverso tra le sue feci. Noi tutti eravamo presenti. L'assistente di turno, l'ha visitato e, assieme ad un detenuto, l'ha portato sotto alla doccia, nonostante lo stato esamine in cui quel poveretto si trovava. Poi è stato riportato in cella. Quando finalmente è stato chiamato il dottore, era troppo tardi: ne ha potuto solo constatare il decesso. Noi vorremmo che una volta tanto, anche un detenuto riceva giustizia. Crediamo che una persona non debba e non possa essere lasciata morire così, come un cane. Anzi, se si lascia morire un cane si rischia fino a 6 mesi di carcere. Questa era una persona. Noi chiediamo giustizia non per noi, ma per Paglioni, perché vogliamo che fatti di questo genere non si debbano ripetere più per colpa del menefreghismo di chi ha l'obbligo invece di intervenire".


Telefonata senza risposta: la direttrice è fuori servizio


Abbiamo tentato di contattare la direttrice del carcere Rosalba Casella per avere delucidazioni sulla morte del detenuto e sulla denuncia scritta e firmata dai suoi compagni di cella. Ma la direttrice nel primo pomeriggio era fuori in servizio; per avere risposte bisogna aspettare lunedì prossimo. A nulla sono valse le nostre insistenze, né gli appelli alla moderna epoca dei cellulari che permettono di comunicare anche con chi si trova fuori sede.

Niente, La direttrice, sul caso della morte di Franco Paglioni, non può rispondere perché non è in servizio. Una morte, una vita, valgono forse il disturbo di una chiamata al cellulare anche fuori servizio. O forse, ci stiamo sbagliando noi. Forse non è così. Auspichiamo solo che le stesse risposte vengano girate, se non altro, a quei detenuti che impotenti l'hanno visto morire, nel totale abbandono e in mezzo alle sue feci.


Rosalba Casella