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Giustizia: detenuto morto per fame, i commenti e le polemiche
Fonte: Il Centro, 13 agosto 2008
13 agosto 2008

Si lascia morire facendo lo sciopero della fame, perché ritiene la sua condanna a un anno e tre mesi, emessa dal tribunale di Milano per tentata rapina, "un'ingiustizia". Il pesante "testamento" lo lascia un detenuto iracheno, di 40 anni, Alì Jubury, dal carcere Le Costarelle dell'Aquila, dove era stato trasferito il 20 maggio scorso dalla Casa Circondariale Torre Sinello di Vasto e dove, appunto, aveva cominciato lo sciopero della fame.

Alì Jubury è morto domenica mattina, nel reparto di psichiatria dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila, dove era ricoverato dal 28 maggio scorso. "Lo avevano trasferito nel nostro istituto di pena", dice il direttore del carcere Le Costarelle, Tullio Scarsella, "perché lo sciopero della fame aveva ridotto il povero Ali in uno stato di debilitazione abbastanza grave. Da noi c'è un'ottima assistenza medica e, infatti, lo abbiamo sottoposto a cure intensive da subito. Ma dopo una settimana siamo stati costretti a richiedere il Tso (Trattamento sanitario obbligatorio), perché nonostante i colloqui con i nostri psicologi, nonostante gli parlassi anch'io molto spesso, lui prima si convinceva, poi rifiutava il cibo e aveva cominciato anche a staccarsi le flebo. A quel punto sono stato costretto a rivolgermi alle strutture della Asl".

"Devo sottolineare che siamo stati in contatto giornaliero con l'ospedale aquilano e gli operatori sanitari, e dobbiamo essere orgogliosi per le forze e il tempo speso per una persona che può essere definita, con tutto il rispetto, un "povero Cristo". Ali aveva soltanto la madre, in Iraq, ed è irrintracciabile telefonicamente", conclude il direttore Scarsella, "come ci ha detto l'ambasciata irachena a Roma, e quindi non sappiamo neppure dove seppellirlo".

"In ospedale ha ricevuto tutte le cure possibili, ma era molto debilitato, era anoressico e continuava a rifiutare il cibo. Una persona si può alimentare con flebo, sondini gastrici, come è stato fatto, ma, soprattutto su un paziente già molto provato e con il fisico così debilitato, non è la stessa cosa come ingerire cibo per bocca", sostiene il direttore generale della Asl dell'Aquila, Roberto Marzetti.

"Lo abbiamo ricoverato in psichiatria, poi in rianimazione e ci sono stati dei sensibili miglioramenti; poi in pneumologia, in lungodegenza post-acuzie. Sembrava si stesse riprendendo, invece, come mi hanno riferito i medici, nella notte tra sabato e domenica ha avuto una crisi e il povero Ali non ce l'ha fatta. Era diventato il beniamino dell'ospedale e tutti facevano il "tifo" per lui. Avevamo chiesto anche al giudice il permesso di farlo assistere 24 ore su 24 da volontari: hanno risposto in diciotto e il giudice ha dato l'assenso". Ali Jubury avrebbe finito di scontare la pena tra sei mesi.


Giulio Petrilli (Rc): istituire un Garante


"Dobbiamo tutti interrogarci sulla morte di un giovane detenuto iracheno, Alì Jubury, ricoverato nell'ospedale dell'Aquila e in sciopero della fame da due mesi, per denunciare la sua spropositata condanna e l'incredibile ingiustizia nel non vedersi concessa la libertà condizionale, che da incensurato e per il furto di un telefonino e dopo dieci mesi di carcere gli è stata negata. Lui che veniva dalla guerra, dai disastri che essa aveva provocato e provoca".

Ad intervenire è l'esponente di Rifondazione comunista ed ex segretario del partito Giulio Petrilli.

"Questa morte osserva - deve farci riflettere su due drammi molto simili, che si avvicinano e si congiungono: il carcere e la guerra. Sì è così entrambi possono distruggere la personalità di un individuo. Ali , le ha vissute tutte e due queste condizioni ed ha preferito lasciarsi morire, a differenza di altri ha scelto la via di un suicidio lento, ma ha cercato con lo sciopero della fame anche di comunicare con l'esterno, ha cercato un aiuto, un grido disperato persosi nel silenzio. Se ci fossero stati consiglieri regionali o assessori, che applicano la loro possibilità di girare nelle carceri, se ci fosse stato il garante regionale dei detenuti, se ci fosse stato il garante comunale, se ci fosse stato un minimo di attenzione al pianeta carcere da parte della classe politica o della società di fuori, ora - afferma Petrilli - avremmo salvato Ali. Faccio appello a tutti i consiglieri regionali e assessori a rispettare il mandato che prevede la necessità di verificare le condizioni di vita e i diritti dei detenuti, e quindi di girare nelle carceri abruzzesi. Immediatamente la Regione ed anche il Comune de L'Aquila istituiscano la figura del garante dei detenuti", conclude Giulio Petrilli.


Radicali: interrogazione urgente al Governo


I deputati Radicali eletti nelle liste del Pd Rita Bernardini e Maurizio Turco hanno presentato un'interrogazione urgente ai Ministri della Giustizia, dell'Interno e degli Esteri sulla morte del cittadino iracheno Alì Jubury, detenuto nel carcere dell'Aquila e deceduto a seguito di un lungo sciopero della fame che aveva intrapreso perché riteneva ingiusta la condanna inflittagli dal tribunale di Milano.

I due deputati radicali chiedono innanzitutto di chiarire, dal punto di vista processuale, quale sia stato effettivamente il reato imputatogli e l'entità della pena perché c'è una notevole discordanza fra le notizie diffuse dai mezzi di informazione. Per alcuni, infatti, Alì Jubury sarebbe stato condannato a un anno e tre mesi per tentata rapina mentre, per altri, la condanna sarebbe stata a tre anni di reclusione per il furto di un telefonino cellulare. I radicali chiedono inoltre di sapere se nei tre lunghi mesi di sciopero della fame il cittadino iracheno sia stato adeguatamente seguito dai sanitari dal punto di vista fisico e psicologico e se, con l'aggravarsi delle sue condizioni di salute, sia stato prestato il soccorso necessario che avrebbe potuto evitarne il decesso.

Rita Bernardini e Maurizio Turco hanno annunciato la loro iniziativa parlamentare con queste parole: "Le carte di Alì Juburi erano in regola solo per morire. Contadino, povero, extracomunitario, iracheno, carcerato, solo. Abbiamo chiesto chiarimenti ai ministri per sapere come siano andate effettivamente le cose, ma alcuni indizi più che parlarci di Alì Jubury, ci parlano di noi, di ciò che realmente stiamo divenendo come cittadini italiani e di cosa effettivamente oggi rappresentino le istituzioni ad ogni livello".


Franco Corbelli (Movimento Diritti Civili): Alfano intervenga


Sul detenuto iracheno morto a seguito di uno sciopero della fame nel carcere dell'Aquila intervenga il ministro della Giustizia Angelino Alfano. A chiederlo è il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli. Alì Jubury, 40 anni, aveva iniziato lo sciopero della fame per gridare a tutti la sua innocenza ed è deceduto nei giorni scorsi. La notizia è stata riportata dai giornali locali. Il giovane immigrato era stato condannato ad un anno di reclusione dal Tribunale di Milano per tentata rapina.

A L'Aquila era giunto dopo una prima detenzione a Vasto (Chieti). Corbelli chiede l'apertura di una immediata inchiesta per "accertare eventuali responsabilità" a tutti i livelli per quanto accaduto e per acclarare perché il giovane iracheno continuasse a restare in carcere e non godesse dei benefici previsti per condanne inferiori ai tre anni e perché nonostante lo sciopero della fame, iniziato per gridare la sua innocenza, nessuno lo ha ascoltato ed è intervenuto". "Un detenuto che muore in carcere non fa più notizia, Se poi si tratta di un immigrato, non interessa a nessuno. Su questo drammatico caso - afferma Franco Corbelli - non deve invece calare il silenzio. Chiedo verità e giustizia per questa morte".