Venerdì nel Cpt di Torino, considerato un modello per le strutture di tutta Italia, è deceduto un giovane tunisino. Un evento su cui la magistratura dovrà indagare, tenendo conto del racconto dei suoi compagni di stanza, i quali sostengono di aver cercato un medico per tutta la notte ma senza risultato.
Esasperazione, tensione e desiderio di giustizia. Questo è il clima che si percepisce nel Cpt di Torino, dove venerdì notte è deceduto Hassan Nejal. Visitando oggi la struttura, insieme al consigliere regionale del Prc De Ambrogio, a Giovanni Amadura del Gruppo Migranti e all'avvocato Gianluca Vitale dell'Associazione studi giuridici, abbiamo potuto raccogliere il racconto dei tanti compagni di Hassan, in sciopero della fame e scioccati da quanto avvenuto.
Superata la loro diffidenza iniziale, mentre stavano protestando legandosi al collo delle lenzuola con l'intento di mimare simbolicamente il gesto del suicidio, abbiamo chiesto di raccontarci cosa sia avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì. La ricostruzione degli eventi fatta dalle diverse persone che si trovano nel Cpt sostanzialmente converge. Alle 10,30 di venerdì Hassan si reca in infermeria per assumere la dose di metadone prescrittagli e alla dottoressa Vlashi che gli somministra il farmaco dichiara di sentirsi male. Lo stesso medico riferisce che il ragazzo aveva 39 di febbre e una tonsillite dovuta ad una forte infiammazione della gola. Per questo gli vengono prescritti gli antibiotici (Augmentin) e l'antipiretico, per poi essere rimandato nell'area rossa dove si trova con gli altri compagni.
Alle 2, quando entra in servizio la dottoressa Ngassa, Hassan continua a sentirsi male e viene dunque riportato in infermeria. Il medico verifica un abbassamento della febbre, non gli somministra altri farmaci e lo rimanda in stanza. È su quello che accade dalle 20 in poi, quando entra in servizio il dottor Tedesco che copre il turno notturno ma che non visiterà mai Hassan, che le versioni divergono, fra le autorità del Cpt e i detenuti nella struttura.
Il colonnello della Croce Rossa Baldacci, che non era presente quella notte ma che per noi ha ricostruito a nome delle autorità quanto avvenuto, e che insieme al dottor Tedesco ha certificato la morte del giovane tunisino, dichiara che la situazione nel Centro è stata tranquilla fino alla mattina, cioè fino a quando gli altri immigrati hanno cominciato ad urlare perché Hassan era morto.
I detenuti invece ci hanno raccontato che quella notte qualcosa è accaduto. Verso le 22 infatti dicono che Hassan sia peggiorato, con il corpo e in particolare il volto che hanno cominciato a ricoprirsi di macchie rosse. Un peggioramento, ci ha riferito Al Huari (il portavoce della area rossa), che spinge i compagni a posizionare un asciugamano sulla fronte di Hassan e a sdraiarlo. A quel punto un altro compagno, El Bentaui, esce dalla zona di detenzione e si attacca all'inferriata che delimita l'area, urlando.
Riesce a parlare con un operatore della Croce Rossa a cui chiede di mandare un medico. Risposta: il medico non c'è, non è disponibile. El Bentuai non desiste e comincia a ripetizione a schiacciare il citofono degli allarmi per richiamare la direzione del Cpt a cui il meccanismo è collegato, ma non ha risposta. Alle 11,30 attraverso un buco della grata arriva la distribuzione dei farmaci. Hassan viene portato lì da Rabi Said e prende la seconda dose di antibiotico, mentre i suoi compagni insistono sulla necessità che lo visiti un dottore.
Passa mezzanotte e gli immigrati continuano a recarsi alla rete di delimitazione e intercettano un altro operatore della Croce Rossa a cui rivolgono l'ennesima richiesta. Niente anche questa volta. Hassan durante la notte si addormenta. Ma tra le 6-7 del mattino i suoi compagni non sentendolo più russare si recano un'altra volta alla grata di delimitazione per cercare di parlare con qualcuno e tentare di chiamare un medico.
Parlano con un operatore della manutenzione e gli rivolgono la richiesta, sempre la stessa. Ma niente anche questa volta. Alle 9,27 suo fratello dalla Tunisia chiama Alkair Naoui per parlare con lui. Alkair tenta di svegliarlo ma si accorge che Hassan è morto. È a quel punto che il medico, il dottor Tedesco, arriva nella stanza e non può che certificarne la morte.
Ora la magistratura farà il suo corso per stabilire quanto successo. Per il momento abbiamo ottenuto che gli immigrati testimoniassero a cominciare dal pomeriggio di oggi e alla presenza di un traduttore. Inoltre abbiamo chiesto alla Questura che si impegnasse a che nessuno di loro sia rimpatriato o trasferito in un altro Cpt fino a che non sarà chiusa la fase di raccolta delle testimonianze.
Al prefetto di Torino ho avanzato personalmente la richiesta che i consiglieri regionali possano entrare nella struttura e visitarla in modo da renderla trasparente. Come avviene del resto in tutta Italia ad eccezione del Piemonte. Caso strano visto che ci troviamo alla presenza di un Cpt, quello di Torino, indicato come modello di riferimento per tutti gli altri centri della penisola, aperto meno di due settimane fa e per un costo di oltre 12 milioni di euro. Se l'efficienza del Cpt modello è questa, allora si può immaginare cosa potrebbe avvenire negli altri e cosa potrà mai accadere in quelli che il nuovo governo si appresta ad aprire. Gli immigrati sostengono che la prova di quanto è stato da loro affermato, della veridicità della propria ricostruzione, si può trovare nelle registrazioni video fatte dalle telecamere esterne, a cavallo della rete.
In base a quello che ho appreso oggi, alle informazioni che ho raccolto, mi sono formato la convinzione che non è da escludere la possibilità che Hassan sia morto per un'omissione di soccorso. Per questo credo sarebbe gravissimo se si dovesse constatare che da parte delle autorità che gestiscono il Cpt ci sia la volontà di fornire una versione degli avvenimenti diversa da quanto accaduto in realtà.