È mistero attorno alla morte di Andrea Brigida, 29 anni, genovese, detenuto da circa sette mesi nel carcere di Imperia. Il giovane è morto stroncato da un infarto cardiocircolatorio, ma le circostanze devono essere ancora chiarite sino in fondo. Il sostituto procuratore della Repubblica Maria Paola Marrali ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio, anche se sul corpo del giovane non sono stati trovati segni di violenza.
L'indagine vede impegnati i carabinieri del reparto provinciale del capitano Sergio Pizziconi che ieri, poco dopo le 12, hanno effettuato un lungo sopralluogo all'interno del penitenziario ispezionando la cella e parlando anche con i suoi compagni di detenzione. Sono stati proprio loro, ieri alle 8,45, ad accorgersi che il ventinovenne non dava segni di vita.
Stando a un primo riscontro medico legale, il giovane sarebbe morto per un arresto cardiocircolatorio, ma se questo sia stato provocato da un infarto o da altre circostanze resta ancora da chiarire. Per questo motivo la Procura ha già richiesto l'autopsia. Così racconta come sono andati i fatti il direttore del carcere, Angelo Manes: "Il detenuto era a letto e stava dormendo. Si alzava spesso tardi, ma quando, prima dell'ora d'aria, malgrado i ripetuti inviti ad alzarsi, non si è svegliato, abbiamo chiamato il medico. Brigida era sempre incosciente e così lo abbiamo fatto portare in ospedale con un'ambulanza".
Il direttore del carcere ha spiegato anche che Andrea Brigida soffriva di alcuni problemi di salute, di tipo cardiaco, che si erano manifestati nel 2007, quando venne sottoposto a un elettrocardiogramma sotto sforzo. In carcere non aveva mai subito minacce da altri detenuti. Non viene esclusa neppure l'ipotesi di un'overdose di farmaci o altre sostanze, anche se nemmeno una settimana fa tutte le celle erano state oggetto di un accurato controllo da parte delle unità cinofile della polizia penitenziaria arrivate da Saluzzo.
Il ventinovenne era tutt'altro che una persona sconosciuta alle cronache: era detenuto a Imperia dopo essere stato condannato, con la formula del rito abbrevviato, a otto anni e dieci mesi di reclusione per tentato omicidio e danneggiamento. Nel pomeriggio del 23 luglio 2006, con un coltello da macellaio, tentò di uccidere Lucas Savarese (all'epoca dei fatti ventiquattrenne) in via Vittorini a Voltri. Quel giorno Brigida aveva deciso di vendicarsi della madre d'una ragazza dalla quale sosteneva d'essere stato diffamato. Il giovane era certo che le parole della coetanea avessero indotto la sua ex a lasciarlo. Perciò, in preda a un raptus, si era accanito sulla vettura della madre di lei, prendendola a sprangate.
Savarese, la proprietaria della vettura e la figlia di quest'ultima (che di Savarese era la fidanzata), allarmati dai rumori si erano sporti alla finestra osservando Brigida che cercava di demolire l'automobile. E a quel punto era stato proprio Savarese a scendere in strada, convinto di poter far desistere l'altro. Alla sua vista Brigida aveva perso la testa, sfoderando il coltello e colpendo il rivale al torace, facendolo stramazzare a terra, in un lago di sangue. L'aggressione era stata preceduta da esplicite minacce di morte.