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Roma: Spadaccia; una morte annunciata, doveva essere fuori
Fonte: Comunicato stampa, 20 novembre 2007
20 novembre 2007

Il detenuto Fabrizio Ciappetta morto al Cento Clinico di Regina Coeli era stato dichiarato dai medici "incompatibile" con il carcere a causa della malattia di cui soffriva: una mielopatia con tetraparesi spastica a carattere degenerativo provocata da una lesione alla colonna vertebrale che lo costringeva su una sedia a rotelle.

"Fabrizio Ciappetta - ha detto il Garante dei Diritti delle persone private della libertà del Comune di Roma Gianfranco Spadaccia - non doveva stare in carcere. La sua patologia richiedeva un trattamento a base di morfina che all'interno dell'istituto non gli poteva essere somministrata. Chi lo ha tenuto in carcere probabilmente ha accelerato la sua morte ma soprattutto lo ha condannato ad una agonia subita per molti mesi con dolori inenarrabili, che il metadone non riusciva ad attenuare.

Nel mese dell'aprile scorso lo avevo visitato in carcere, avevo parlato con i medici i quali mi avevano detto che non poteva più essere in alcun modo pericoloso a causa delle sue condizioni pressoché totali di immobilità. Forte di questa diagnosi mi sono risvolto al Tribunale di Sorveglianza che ha respinto l'istanza di rimessione in libertà condizionata, motivando con il fatto che il detenuto già una volta, ammesso a regime di arresti domiciliari, si era reso responsabile , nonostante le sue condizioni di salute, di una rapina presso un negozio.

Peccato che i medici avessero dichiarato che l'evolversi della malattia degenerativa escludeva del tutto il ripetersi di questa possibilità. Le sue condizioni furono trattate come "caso del mese" dal mensile telematico dell'Ufficio del Garante del Comune di Roma del maggio scorso. Ciappetta era un criminale aveva precedenti penali gravi, anche di criminalità organizzata, ma era un essere umano, un malato e gli hanno invece inumanamente riservato l'accanimento terapeutico del carcere e il rifiuto di adeguate cure palliative. Dovremmo tutti vergognarci delle leggi che consentono tutto questo e del modo ciecamente punitivo con cui sono applicate


Gianfranco Spadaccia, Garante dei diritti dei detenuti di Roma