La notte prima di essere trovato morto, nella sua cella del carcere di Perugia, Aldo Bianzino suonò due o tre volte il campanello di emergenza e l'agente di polizia penitenziaria in servizio gli rispose di stare tranquillo perchè il giorno dopo sarebbe passato il medico. Lo hanno sostenuto ieri davanti al gip cinque detenuti sentiti con la formula dell'incidente probatorio. Una versione negata dallo stesso agente, indagato per omissione di soccorso e omissione di atti di ufficio, che sostiene, a sua volta, di avere controllato regolarmente la cella di Bianzino, trovato morto in cella la mattina del 14 ottobre scorso, un giorno e mezzo dopo essere stato arrestato per avere coltivato alcune piante di canapa indiana. L'ipotesi iniziale era stata di un malore ma l'autopsia ha poi evidenziato alcune lesioni sospette e la procura perugina ha aperto un fascicolo per omicidio a carico di ignoti per chiarire la vicenda. Il magistrato che coordina l'inchiesta ha quindi chiesto e ottenuto dal gip l'incidente probatorio per raccogliere le deposizioni dei detenuti, tutti stranieri, che hanno riferito agli investigatori di avere sentito Bianzino chiedere aiuto. Le loro dichiarazioni avranno così valore di prova in un eventuale processo. Quattro detenuti hanno sostenuto oggi di avere sentito il falegname suonare il campanello durante la notte mentre un altro ha spiegato di averlo visto la mattina del 14 ottobre seduto sul letto con le spalle al muro. L'avvocato Massimo Zaganelli, che rappresenta la compagna e uno dei figli di Bianzino, ha spiegato di «prendere atto» dei risultati dell'incidente probatorio. gli amici di Aldo e Roberta. intanto, si sono costituiti in un comitato, assieme a singoli e associazioni che si occupano di diritti civili. Sabato prossimo, a Peruigia, si terrà una prima manifestazione pubblica «perché un paese intollerante è tutto tranne che un paese sicuro, perché per una pianta d'erba in cella non si deve finire, perché in carcere non si deve morire». Ore 15 in piazzale Bove.