Con il freddo che fa, vestono ancora magliette estive e camminano in ciabatte. Manca l'acqua calda, il cibo non è buono, le coperte devono ancora essere distribuite. Soprattutto, troppo lunga l'attesa per lo status di rifugiato.
E così in segno di protesta un centinaio di richiedenti asilo eritrei ed etiopi, ospiti al centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto (Crotone), ieri mattina alle 10.30 hanno varcato i cancelli della struttura e hanno imboccato la statale 106 verso il capoluogo, bloccando parzialmente il traffico. "Siamo immigrati, non prigionieri" avevano scritto su un cartello mentre marciavano in fila indiana per non provocare incidenti.
Dalla scorsa primavera, grazie ad una circolare del Viminale, i migranti già ascoltati una prima volta dalle Commissioni territoriali per le domande di asilo possono uscire liberalmente dai centri di prima accoglienza, dalle otto del mattino alle otto della sera. Una libertà che evidentemente non basta ai migranti del centro Sant'Anna, che in questi giorni ospita 1200 stranieri provenienti direttamente dagli sbarchi e da altri cpt. Circa 300 sono i richiedenti asilo con il permesso di entrare e uscire.
Gli eritrei e gli etiopi hanno spiegato al vicequestore che le condizioni di vita stanno diventando sempre più difficili, specialmente per le donne e i bambini che usufruiscono di uno spazio separato: da oltre tre mesi attendono una risposta dalla Commissione territoriale di Crotone, quando la legge prevede che il richiedente asilo dovrebbe essere convocato entro 30 giorni dalla richiesta di colloquio, e la risposta deve pervenire entro 3 giorni. Nel frattempo mancano le coperte, il cibo è scadente e l'abbigliamento non è adatto alle temperature autunnali.
Dopo aver consegnato il cahier de doléances, il gruppo dei manifestanti è tornato pacificamente al centro Sant'Anna. «Siamo sorpresi» dichiara la Prefettura di Crotone, responsabile della sicurezza del centro:«Verificheremo e faremo in modo di risolvere questi problemi».
Il Sant'Anna è gestito congiuntamente dalla compagnia della Misericordia e dalla Croce Rossa, e si avvale della cooperazione della Caritas e di organizzazioni di volontariato. Negli ultimi mesi il Viminale ha potenziato il personale per l'identificazione dei migranti, che però non sta ricevendo lo stipendio.Dallo scorso 3 maggio è chiuso il Cpt vero e proprio, mentre rimangono in funzione il Cpa e il centro di identificazione (Cid). Il vecchio Cpt, in via di ristrutturazione per aprire ad altri migranti in funzione di centro di prima accoglienza, è stato temporaneamente riaperto per ospitare un gruppo di sudanesi, dopo una rissa che aveva coinvolto anche cittadini di altri Paesi africani. Sono proprio i sudanesi a ricordare che in quella palazzina manca l'acqua calda e che la corrente elettrica viene erogata soltanto 2-3 ore al giorno. Nonostante al Sant'Anna esista una infermeria in funzione 24 ore su 24, gli stranieri dicono che molto spesso i problemi di salute non vengono risolti tempestivamente. Martedì prossimo la Asl, che ogni mese verifica la qualità del cibo e il rispetto delle diete a seconda delle etnie e il credo religioso, tornerà al centro per rivedere il menù in base alle esigenze dei migranti. I pasti vengono erogati tramite catering, visto che manca una mensa.
I tempi lunghi per l'identificazione e per il colloquio con la Commissione territoriale non sono una novità per il Sant'Anna. Lo aveva annotato la stessa commissione di Staffan de Mistura, incaricata nel 2006 dal Viminale di visitare i Cpt italiani allo scopo di «superarli», come da programma dell'Unione: «Si è notata una durata molto lunga della permanenza nel centro prima della verbalizzazione delle richieste di asilo e del colloquio con la Commissione Territoriale che opera nel Cid», scriveva la commissione.
Le cose non sono migliorate, anzi. Secondo la Prefettura, la colpa è dell'alto numero di migranti che passano per il Cpa di Crotone, centro di raccolta per numerosi potenziali richiedenti asilo e dei migranti sbarcati sulle coste siciliane. La maggior parte degli stranieri rinchiusi attualmente nel centro molto probabilmente faranno richiesta dello status di rifugiato. Il lavoro è enorme, e la Commissione territoriale procede a rilento.