Marcello Lonzi, un tossicodipendente livornese di 28enne, muore in carcere. Il suo cadavere viene ritrovato dalla polizia penitenziaria e dal suo compagno di cella. Il corpo disteso sul pavimento, tra la porta e il radiatore ha numerose ferite e il volto tumefatto. È l'11 luglio 2003. Poche settimane dopo, il caso viene archiviato come morte naturale, ovvero arresto cardiocircolatorio. Ma la madre del ragazzo non si è mai arresa a una verità difficile da accettare.
La lotta di Maria Ciuffi, che in questi anni ha continuato a chiedere giustizia, ha fatto sì che la stessa Procura livornese riaprisse il caso e riesumasse il cadavere. Nuovi elementi, infatti sono emersi recentemente e molti fatti nuovi stanno venendo alla luce proprio in questi giorni: il magistrato Antonio Giaconi sta ascoltando nuovamente i detenuti che erano con Marcello Lonzi, lo stesso compagno di cella che aveva trovato il corpo e anche alcuni agenti della polizia penitenziaria che quel giorno erano in servizio.
La Procura livornese, con queste nuove indagini, vuole capire che cosa abbia provocato l'arresto cardiaco al giovane detenuto. Se, in sostanza, Marcello Lonzi, come sostiene la madre da anni e come sembrano rivelare alcune foto choc del cadavere appena rinvenuto (che Panorama ha potuto vedere ma ha deciso di non pubblicare), è stato vittima di un pestaggio. La riesumazione del cadavere ha portato alla luce fratture costali e altre lesioni che difficilmente possono essere spiegate con la tesi della morte naturale.