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Giustizia: Roma; ricerca sul suicidio tra i detenuti minorenni
Fonte: Redattore Sociale, 15 giugno 2007
15 giugno 2007

L'avevano arrestato per una scazzottata, a Pescara. Rumeno, 16 anni. In tre giorni è finito nel carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma, e lì, dopo nemmeno ventiquattro ore, si è impiccato. Tre anni dopo, lo stesso istituto di pena è il capofila di un progetto pilota per la prevenzione dei suicidi nei carceri minorili.

Il Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma e l'Università La Sapienza hanno presentato oggi a Roma una ricerca condotta su 77 ragazzi del carcere di Casal del Marmo (Rm), passato alla cronaca per due suicidi nel 2001 e nel 2003. I giovani più a rischio sono quelli con disturbi psicopatologici e con lunghi periodi di detenzione. Critico il passaggio alle strutture per adulti. La ricerca sarà pubblicata e resa disponibile a tutti gli istituti italiani.

Il Garante, Gianfranco Spadaccia ha detto: "La diffusione del suicidio in carcere è un prezzo amaro che la società paga alla tutela della propria sicurezza. Il progetto ci ha dato strumenti scientifici per diagnosticare il rischio di suicidio. Si tratta di un test da utilizzare al momento dell'ingresso in carcere ma anche dopo un primo periodo di detenzione. Proporremo di estendere il monitoraggio in tutto il Paese". Messaggio raccolto dall'assessore alle Politiche del lavoro del Comune di Roma, Dante Pomponi, che ha augurato "un'azione capillare di studio in tutti gli istituti".

La ricerca, condotta tra novembre 2006 e marzo 2007, prevedeva l'utilizzo di due questionari per i 77 ragazzi detenuti nel periodo in esame. Il Maysi-2, un test dell'Università del Massachussets (Usa), e un secondo elaborato dalla Sapienza. I ragazzi, per il 71% maschi, erano di età compresa tra i 14 e i 18, per lo più rumeni (57%) e italiani (20,8%). Uno su tre analfabeta, il 40% aveva una licenza elementare e il 29% la scuola media.

In due casi su tre si trattava del primo ingresso in carcere. L'uso del test ha migliorato - sostiene la ricerca - la possibilità di riconoscere situazioni di rischio, in particolare con i minori zingari, jugoslavi e rumeni, le cui prese in carico sono aumentate tra il 50 e il 60% rispetto all'anno precedente. Tra i fattori di rischio, 49 ragazzi hanno dichiarato di provare depressione e ansia, 41 hanno avuto lamentazioni somatiche, 34 rabbia e irritabilità, 28 esperienze traumatiche, 19 ideazioni suicidarie e 13 problemi di abuso di alcool e droghe. Alta la correlazione tra diverse di queste aree. Soprattutto tra ansia e depressione, ideazione suicidaria, rabbia ed irritabilità, abuso di alcool e droghe. L'ideazione suicidaria cresce al crescere dell'età.

Nell'Istituto di Casal Del Marmo è stata parallelamente condotta un'indagine su 7 casi di gravi tentativi di suicidio, di cui 2 riusciti, registrati negli ultimi anni nel carcere romano. Ne emerge che il rischio suicidario è più alto per la popolazione detenuta italiana: sei casi su sette. Un dato opposto all'80% di ragazzi stranieri tra i detenuti. Un dato che però rispecchia la più elevata frequenza di disturbi psicopatologici tra i detenuti italiani rispetto a quelli stranieri.

Nel marzo 2004, l'associazione "A buon diritto" pubblicò una ricerca curata da Luigi Manconi, Andrea Boraschi ed Elina Lo Voi, secondo cui il tasso di suicidi nelle carceri italiane, per adulti e minori, è 17 volte superiore al dato medio. Nel 2003 i suicidi erano stati 65, su 56.000 detenuti, con un tasso dell'1,1 per mille. Il 17,4% annunciati. Nel 2002, così come nel 2003, il 93% dei casi di suicidio si verificava in carceri sovraffollate, come erano tre istituti su quattro, prima dell'indulto.

Più a rischio i detenuti in attesa di giudizio, circa il 19% del totale, tra i quali si registrava nel 2003 il 31% dei suicidi. E il 62% dei casi di suicidio riguardava reclusi da meno di un anno. Di questi, uno su due si verificava nei primi sei mesi di reclusione e uno su sei nella prima settimana di reclusione. Già allora, la ricerca concludeva sottolineando il rischio maggiore per i giovani dietro le sbarre. Nella fascia tra i 18 e i 24 anni i suicidi sono quasi 50 volte più numerosi che tra la popolazione non reclusa.