Un sì atteso da 14 anni. L'aula di Montecitorio ha approvato ieri con il solo voto contrario della Lega la «Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani». Si tratta di una vera e propria authority con poteri ispettivi, di indirizzo e di controllo per i diritti umani e tutte le persone private della libertà analoghi a quelli delle altre autorità di garanzia presenti nel nostro paese (privacy, concorrenza, etc.). E' composta da quattro membri eletti da camera e senato (due donne e due uomini, una novità) e sarà presieduta da una personalità indipendente nominata dai vertici delle due camere.
La commissione, che avrà un organico massimo di 100 dipendenti, svolgerà un «monitoraggio» del rispetto dei diritti umani in Italia e all'estero, potrà formulare pareri e raccomandazioni al governo, al parlamento e alle altre amministrazioni dello stato e, come specifica autorità di garanzia delle persone private della libertà, potrà svolgere ispezioni incondizionate e non annunciate in carceri, Cpt, aeroporti, camere di sicurezza, commissariati, ospedali psichiatrici, comunità per minori e in generale ovunque vi siano persone private della libertà. «Tutti i detenuti e gli altri soggetti comunque privati della libertà personale possono rivolgersi al Garante senza vincoli di forma», recita l'articolo 12 del ddl approvato ieri, che salvaguarda comunque i compiti e l'autorità ultima della magistratura di sorveglianza.
Per i suoi compiti l'ufficio del garante nazionale potrà avvalersi della collaborazione dei tanti garanti dei detenuti locali istituiti in questi anni presso regioni e comuni. Una lunga sperimentazione che ha avuto successo e che, come ha annunciato il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi, il governo si è impegnato ora a istituzionalizzare con una legge ad hoc.
La Commissione dà attuazione dopo 14 anni a un trattato delle Nazioni unite che l'Italia finora non aveva mai rispettato. «Eravamo ultimi in Europa - commenta soddisfatta la relatrice del provvedimento Graziella Mascia (Prc) - da questo punto di vista il nostro paese può finalmente candidarsi al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite. La figura del Garante dei detenuti - conclude invece Mascia - colma una lacuna del nostro ordinamento penitenziario istituendo finalmente un organismo indipendente dall'amministrazione della giustizia e una nuova procedura di garanzia per i diritti dei detenuti».
Soddisfazione dalla Cgil e da Antigone, da sempre convinte della necessità di questa figura nuova soltanto per il nostro paese. «E' un passo importante nel percorso di ridefinizione di un sistema delle pene più razionale, più sicuro, più umano - commenta il responsabile nazionale Fp Cgil del settore Fabrizio Rossetti - un atto giusto che offre una nuova speranza al sistema carcerario italiano, spesso troppo sollecitato nell'esasperata interpretazione meramente custodiale del suo mandato». «Un atto di civiltà giuridica che ci avvicina agli altri paesi europei», aggiunge il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, che auspica ora una rapida approvazione anche da parte del senato.
La norma, inutile dirlo, ha avuto un iter assai tormentato. I malumori dell'Idv hanno rallentato il ddl almeno fino al momento in cui il presidente della commissione affari costituzionali Luciano Violante ha proposto di aggiungere al garante dei detenuti la (doverosa) commissione per i diritti umani che ha consentito alla fine una rapida approvazione della legge. E' però soprattutto l'astensione dell'Udc a destare stupore, considerando l'impegno personale dell'allora presidente Casini nella precedente legislatura e soprattutto perché è stata proprio la responsabile giustizia del partito centrista, Erminia Mazzoni, ad aver firmato la proposta di legge alla base della norma approvata ieri. E' dunque auspicabile che nell'arena di palazzo Madama, dove l'astensione vale voto contrario, ci sia più chiarezza nelle intenzioni in aula.