MILANO - «La polizia ha una cultura deviata delle indagini perché pensa che identificare una persona che partecipa a una manifestazione consenta di attribuirle tutti i reati commessi nella stessa manifestazione».
Potrebbe sembrare un´arringa difensiva, invece no: a dare un giudizio così netto dell´operato della polizia nelle indagini sui disordini dell´11 marzo 2006 a Milano in corso Buenos Aires è stato il sostituto procuratore generale Alfredo Montagna. Parole pronunciate nella requisitoria nel processo davanti alla prima sezione penale della Cassazione contro 16 persone già condannate a 4 anni di carcere per devastazione, danneggiamento, incendio, lesioni volontarie, resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Quel giorno a Milano i centri sociali scesero in piazza per impedire un corteo della Fiamma Tricolore. Ne nacquero disordini e, appunto, devastazioni.
Per quelle sedici persone (una, nel frattempo, è morta in un incidente stradale) ieri il pg Montagna - simpatizzante della moderata corrente Unicost - ha chiesto l´assoluzione da tutti i reati tranne quello di resistenza a pubblico ufficiale, ma dopo alcune ore di camera di consiglio i supremi giudici hanno confermato le condanne, in gran parte già coperte dall´indulto. Una richiesta, quella del sostituto pg, che ha sorpreso molti per i toni e per la tesi: per il pg le foto che ritraggono gli imputati dietro le barricate non sono sufficienti a provare le accuse più gravi. «La Giustizia - ha detto Montagna - non deve essere amministrata con due pesi e due misure: quel che è stato affermato per i poliziotti della Diaz nel processo di Genova deve valere anche per il cittadino qualunque». E ancora: «Ho l´impressione che nel nostro Paese oggi, si stia allargando la tendenza ad una minor tutela dei soggetti più deboli, come possono essere i ragazzi un po´ scapestrati». Dopo di lui, uno dei difensori, Giuliano Spazzali, aveva ammesso la sussistenza solo del reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale «perché impedire la manifestazione dei neofascisti era l´obiettivo dichiarato dei giovani della sinistra radicale, anche a costo di entrare in rotta di collisione con le forze dell´ordine».
Tesi, quelle a sorpresa coincidenti di accusa e difesa, respinte però dai giudici con una sentenza che per un altro dei legali, Mirko Mazzali «introduce il principio che in Italia la responsabilità penale non è più personale». Sorpresa per la tesi del pg Montagna dal procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro: «Ho condiviso le scelte processuali del sostituto Piero Basilone, rivendichiamo dunque la paternità di quelle scelte, così come il possesso, insieme alla polizia giudiziaria, di una cultura delle indagini nient´affatto deviata». "Esterrefatto" il sottosegretario Alfredo Mantovano: «Sono esterrefatto, suona illogico chiedere di assolvere gli autori di devastazioni e contestualmente denigrare l´intero sistema delle forze di polizia».