Con l'avvicinarsi della sentenza per i 25 compagni e compagne del processo G8 è cresciuto il desiderio di provare a declinare al massimo le forme di solidarietà e lotta.
La vicenda processuale genovese è legata a quelle di Milano e Torino per l'uso del reato di "devastazione e saccheggio" che prevede pene altissime (da otto a quindici anni) applicato alle manifestazioni di dissenso e scontro politico.
La sentenza d'appello per i fatti dell'11 marzo ha visto la creazione del suo primo precedente giudiziario (6 anni scontati a 4 per il rito abbreviato per 15 degli antifascisti imputati) proiettando una minacciosa ombra sull'imminente esito del processo g8.
Sabato 17 novembre rappresenta un appuntamento importante. La speranza è che sia solo un primo passaggio a cui far seguire, in un meccanismo virtuoso, altre iniziative in vista del giorno della sentenza. Il tentativo - che da portare avanti tutti e tutte nella maniera più coordinata possibile - potrebbe essere di indire una giornata, sabato 8 dicembre, di mobilitazione simultanea in numerose città italiane ed estere, con presidi/presenze in luoghi simbolici (palazzi di giustizia/carceri/ambasciate/consolati...).
Il G8 ha avuto un carattere internazionale e, se già nel 2001 la polizia italiana aveva dato prova delle scelte politiche operate nella gestione del dissenso, culminate con l'omicidio di Carlo, oggi la magistratura segue le sue orme con la richiesta di condanna esorbitanti per i manifestanti: veri e propri capi espiatori, che secondo l'ipotesi della Procura dovrebbero " pagare per tutti" con richieste di pena pesantissime, fino a 16 anni di reclusione. Pagare in modo esemplare affinché sia un'efficace monito rivolto a tutti coloro che, in futuro, oseranno ribellarsi.
Al contrario, i due processi a carico delle forze dell'ordine, per il massacro poliziesco della Diaz e le torture a Bolzaneto, sono ancora in fase di dibattimento e la sentenza di primo grado non sarà emessa prima del prossimo anno.
Sentenza che, comunque vada, per la quasi totalità dei reati contestati, sarà solo formale, in quanto a breve interverrà la prescrizione a cancellare tutto con un colpo di spugna.
In Italia le giornate del luglio 2001 hanno rappresentato uno spartiacque nella gestione dell'ordine pubblico e del dissenso: la Polizia che spara sui manifestanti, l'omicidio di Carlo Giuliani, i blindati lanciati a folle velocità contro le persone, "la macelleria messicana" alla Diaz, le torture a Bolzaneto, i pestaggi indiscriminati di persone inermi, le devastazioni da parte delle forze dell'ordine anche di autoambulanze. Tutto questo mentre onorevoli di An, Ascierto e Fini si trovavano nelle centrali operative delle Forze dell'ordine.
Un passaggio decisivo verso l'avvallamento delle politiche securitarie e della repressione politica che, in questi sei anni, hanno trasformato le nostre città e attaccato i movimenti con l'utilizzo della carcerazione preventiva e di reati come la devastazione e saccheggio o l'associazione sovversiva.
Il potenziale respiro internazionale dell'iniziativa è dato dal fatto che ad essere sotto accusa è l'intero movimento antifascista e anticapitalista che, da Seattle in poi, scende in piazza per contrapporsi ai vertici, ultimo nell'ordine di tempo quello in Germania, il prossimo in Giappone, nel 2009 in Sardegna. La repressione si è dispiegata anche per le mobilitazioni di Rostock, con arresti e processi attualmente in corso. Ogni situazione, nazionale ed internazionale, potrebbe quindi declinare la propria adesione con riferimento al contesto locale.
L'invito quindi è quello di trovare una data comune di mobilitazioni nei propri territori per esprimere la massima solidarietà e complicità con i 25 compagni alla sbarra.
Mai liberi finchè l'ultimo sarà schiavo!
Libereribelli
per info e adesioni libereribelli@libero.it