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La morte di Giorgio Alpi
Francesco "baro" Barilli
12 luglio 2010

Domenica 11 luglio è morto Giorgio Alpi, padre di Ilaria, la giornalista del TG3 uccisa assieme a Miran Hrovatin a Mogadiscio il 20 marzo 1994.
Ho conosciuto Giorgio nel settembre 2003, quando lo intervistai assieme alla moglie Luciana. Fu lei a farmi notare le immagini che ritraevano Ilaria in quel soggiorno: erano state scattate da Raffaele Ciriello, ucciso a Ramallah da militari israeliani il 13 marzo 2002. "Anche per la sua morte, una morte 'strana' e tremenda come quella di Ilaria, non c'è giustizia...", disse Giorgio.
Raccontai che, quando avevo cercato articoli per documentarmi sull'omicidio Alpi/Hrovatin, mi ero imbattuto in un pezzo pubblicato da Epoca pochi mesi dopo l'omicidio; era firmato da Maria Grazia Cutuli, a sua volta uccisa in un agguato in Afghanistan il 19 novembre 2001. Fu ancora Giorgio a dirmi "a proposito della Cutuli, l'articolo che scrisse pochi mesi dopo parlava di 'una verità che non ci sarà mai...'. Mi sembrò strano sentire una cosa del genere detta da una giovane giornalista che parlava di una sua collega. E pensare questo a distanza di tempo, quando pensiamo alle 'verità che non ci saranno mai' anche per Ciriello o la Cutuli ci fa davvero un'enorme impressione...".
Oggi si può davvero dire che purtroppo Giorgio non potrà conoscere la verità sulla morte della figlia, ed è per questo che ripenso a quelle sue parole. E il dolore per la sua morte aumenta, al pensiero degli ultimi 16 anni in cui lui e Luciana hanno combattuto nella ricerca di quella giustizia che altri non hanno saputo o voluto cercare. Può sembrare un frase abusata, ma condivido quanto scritto da Mariangela Gritta Grainer, portavoce dell'associazione Ilaria Alpi: i genitori di Ilaria sono stati, e Luciana lo è tuttora, un simbolo di impegno civile, un esempio per tutti.
Giorgio l'ho sentito l'ultima volta nel 2007, poco tempo dopo l'uscita di "Ilaria Alpi - il prezzo della verità", libro a fumetti di Marco Rizzo e Francesco Ripoli, edito dalla BeccoGiallo, di cui avevo curato l'apparato redazionale. Era contento del lavoro. "E' difficile parlare per chi non c'è più, ma mia figlia la conoscevo bene, e penso proprio che le sarebbe piaciuto", mi disse con emozione. Non lo racconto per autocitazionismo, anche perché in quel momento ricevevo una gratitudine che andava indirizzata molto più a Marco e Francesco che non a me. Lo racconto perché quell'episodio, oltre ad essere uno di quelli che "ti scaldano il cuore", è significativo di ciò che è stata la vita e l'impegno di Giorgio negli ultimi anni. Di come ha vissuto ogni singolo giorno dal 20 marzo 1994. Della dignità e della fermezza con cui ha affrontato la sua lotta.
Gli rivolgo un ultimo saluto, nella consapevolezza che quella battaglia non era solo sua e della moglie, ma interesse di tutti quelli per cui parole come verità e giustizia hanno ancora un valore che va al di là della vuota retorica. Il migliore messaggio a Luciana, oltre a un affettuoso abbraccio, è adoperarsi affinchè non resti sola in quell'impegno.

Francesco "baro" Barilli