Francesco Fonti - collaboratore di giustizia della 'ndrangheta - iniziò a raccontare ai magistrati antimafia l'organizzazione dei traffici dei rifiuti nel Mediterraneo e nel Corno d'Africa nel 2005. Partendo dalla sua deposizione la Procura di Paola è riuscita ad individuare il relitto della Cunski, al largo del porto di Cetraro. Fonti, però, non ha raccontato solo i viaggi delle navi a perdere nel Tirreno. Davanti alla commissione d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ha parlato anche di alcuni trasporti di armi e rifiuti verso la Somalia organizzati - a suo dire - dalla 'ndrangheta. Il pentito cita in particolare un viaggio che sarebbe avvenuto utilizzando una nave della Shifco, nome di una compagnia strettamente legata alla morte della giornalista e dell'operatore del Tg3. Riportiamo l'intervista che ci ha rilasciato così come l'abbiamo trascritta dalla registrazione telefonica.
Nel suo memoriale e in alcune deposizioni lei ha affermato che alcuni gruppi criminali calabresi avrebbero esportato rifiuti pericolosi verso paesi africani. Cosa ricorda di quel periodo?
Noi - mi riferisco alla 'ndrangheta - abbiamo portato migliaia di fusti tossici e radioattivi in Somalia. Però nessuno, con tutte le dichiarazioni che ho fatto, con tutto quello che ho presentato ha voluto approfondire.
Ha fornito elementi concreti?
Sì, anche una mappa della Somalia dove evidenziavo i posti dove erano stati allocati questi bidoni e container, ma tutti hanno negato. Addirittura sono stato convocato quando c'è stata la commissione d'inchiesta presieduta da Taormina, quella sulla morte di Ilaria Alpi. La direzione politica è stata quella di negare, negare, negare che ci fossero stati questi viaggi e questi depositi radioattivi o nocivi in Somalia. In realtà la Somalia era una pattumiera, non agivamo solo noi, venivano da tutte le parti.
La 'ndrangheta organizzava i traffici verso la Somalia?
Sì.
In che periodo?
Parliamo sempre prima del '94. Prima nell'87 e nel '92.
Nelle sue deposizioni ha parlato anche della morte di Ilaria Alpi. Perché?
L'idea che mi son fatto è stata quella che Ilaria Alpi è stata uccisa perché ha visto quello che non doveva vedere nel porto di Bosaso, precisamente lì.
Ed è importante il luogo?
Il porto di Bosaso è dove noi abbiamo fatto attraccare una nave. Allora il porto di Bosaso era particolare in quanto c'è una barriera corallina. A quei tempi era presidiata dai militari italiani. Quando arrivava qualcosa di illecito da scaricare tipo armi o rifiuti, non vedevano niente perché erano stati istruiti dai loro comandanti a girarsi dall'altra parte. In Somalia arrivavano le armi sia perché Ali Madhi oppure l'altro signore della guerra avevano sempre bisogno di armamenti nuovi. Ma anche perché transitavano per l'Eritrea, per il Kenya e arrivavano quasi tutte tra Mogadiscio e il porto di Bosaso.
L'organizzazione che gestiva le armi era anche la stessa che portava i rifiuti?
Le strutture erano sempre le stesse.
Lei partecipò direttamente all'organizzazione del trasporto?
Sì. Una nave almeno, per quello che posso dire, l'ho mandata io. Organizzai la cosa dall'Italia e questi fusti furono caricati nel porto di Livorno, in uno dei pescherecci della flotta somala che era stata regalata, da Craxi, ai somali, la Shifco. C'erano due navi partite contemporaneamente dal porto di Livorno con armi e circa un migliaio di bidoni di rifiuti di varia natura.
E quindi Ilaria Alpi, secondo lei, avrebbe visto qualcosa legato a queste navi?
Io penso più che altro a qualcosa legato a uno scarico particolare. Da qualche nave, qualcosa nello scarico è andato storto. Lei ha voluto, insieme al suo cameraman, filmare questo qualcosa che poi l'ha portata a essere presa di mira... Se non erro mi sembra che alcuni suoi appunti particolari erano spariti... Lei aveva degli appunti che sono scomparsi nel percorso della salma dalla Somalia all'Italia.
Nel 1994 vennero uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Cosa ha pensato di quell'agguato?
Ho collegato dentro di me questa situazione con i traffici dei rifiuti. Però mi ero ripromesso - anche perché ero stato condizionato da qualche personaggio - di non parlare di storie di rifiuti, ma solamente di stupefacenti.
All'epoca aveva già iniziato a collaborare...
Sì. Quando ho cominciato a collaborare con il dottor Macrì avevo un pensiero solo: scappare. Poi, conoscendo a fondo il dottor Macrì, la sua umanità, la sua correttezza, mi sono deciso e convinto a proseguire su quella strada lì. Però all'inizio la mia idea era di farmi portare in un posto e fuggire. Invece non ce l'ho fatta perché non potevo tradire le aspettative e la fiducia che mi aveva dato Macrì. Una carica di umanità che mi ha colpito molto.
Lei fino al 2005 non ha voluto parlare dei traffici di rifiuti. Perché?
Avevo avuto dal '96 in poi tre infarti, anzi quattro, più un tumore alla vescica. Purtroppo non mi sono curato, ho tralasciato la mia salute, forse anche per una sorta di punizione verso me stesso. Quando poi ho avuto le malattie, ho detto ci lascio le penne, sto morendo. Ero convinto di morire e allora ho detto tanto vale parlare di questo. Ero poi stato di nuovo contattato da un personaggio dei servizi segreti italiani che mi disse di smetterla di parlare di queste cose, lascia stare, lascia stare, diceva. Poi mi sono detto ma che lascio stare, io muoio voglio dire queste cose... E fino adesso ancora non sono morto. Nel frattempo mi sono anche operato, ho avuto un'operazione a cuore aperto.. ancora devo fare altri bypass... la mia salute è abbastanza compromessa.
Che peso ha per la 'ndrangheta - a livello economico - il traffico dei rifiuti?
Io le posso dire che negli anni in cui ero organico io, a seconda dei carichi, della pericolosità dei carichi, si andava da una cifra (in lire) di 3-4 miliardi fino anche a 30 miliardi. Cifre importanti.