Rete Invibili - Logo
"Ilaria Alpi - il prezzo della verità"
Presentato, alla festa nazionale dell'Unità di Bologna, "Ilaria Alpi - il prezzo della verità", fumetto di Marco Rizzo e Francesco Ripoli edito dalla BeccoGiallo
Francesco "baro" Barilli
17 settembre 2007

Il 15 settembre, alla festa nazionale dell'Unità di Bologna, è stato presentato "Ilaria Alpi - il prezzo della verità", fumetto di Marco Rizzo e Francesco Ripoli edito dalla BeccoGiallo : un volume molto curato in ogni sua parte, completo di un corposo apparato redazionale. Mentre si avvicinava quella data, ho riflettuto a lungo su cosa avrei potuto dire nell'occasione, cercando di non scivolare nella banalità o nel "già detto". Mi è venuto in aiuto un aneddoto del 24 settembre 2003, quando intervistai Giorgio e Luciana Alpi nella loro casa a Roma.
A volte in un'intervista alcuni particolari appaiono marginali, per poi riaffiorare prepotentemente alla memoria. Quel giorno di 4 anni fa, fu Luciana a farmi notare le immagini che ritraevano Ilaria in quel soggiorno; erano state scattate da Raffaele Ciriello, ucciso a Ramallah da militari israeliani il 13 marzo 2002. "Anche per la sua morte, una morte "strana" e tremenda come quella di Ilaria, non c'è giustizia...", mi disse Giorgio.
Raccontai che, quando avevo cercato articoli per documentarmi sul "caso Alpi/Hrovatin", mi ero imbattuto in un pezzo pubblicato da Epoca pochi mesi dopo l'omicidio; era firmato da Maria Grazia Cutuli, uccisa in un agguato in Afghanistan il 19 novembre 2001. Fu ancora Giorgio a dirmi "a proposito della Cutuli, l'articolo che scrisse pochi mesi dopo parlava di "una verità che non ci sarà mai...". Mi sembrò strano sentire una cosa del genere detta da una giovane giornalista che parlava di una sua collega. E pensare questo a distanza di tempo, quando pensiamo alle "verità che non ci saranno mai" anche per Ciriello o la Cutuli ci fa davvero un'enorme impressione...".

Non penso si possa liquidare queste coincidenze come strani casi in cui inciampa la nostra vita. Il destino crudele che unisce Ilaria, Miran, Maria Grazia, Raffaele (e molti, molti altri...) non è casuale. Ci ricorda quanto fare informazione, seriamente e senza limitarsi a fredde cronache di fonti ufficiali, comporti rischi pesantissimi; ma anche, purtroppo, che sotto questo aspetto 13 anni sono passati invano: pure recentemente abbiamo dovuto vedere, nel caso Mastrogiacomo, un giornalista liquidato (spiace dirlo, anche da certi suoi colleghi) come uno sventato, uno che "in fondo se l'è andata a cercare".
Questo mi sembra un atteggiamento pericoloso e ancora profondamente radicato. Non basta dire poi, come ha fatto l'avv. Taormina nelle conclusioni della commissione parlamentare, che furono uccisi "due eroi del giornalismo". Attenzione, non è mia intenzione alimentare altre polemiche circa l'operato della commissione: non ne condivido le conclusioni e le contesto, ma voglio ora soffermarmi su quella sola frase, indipendentemente dalla buona fede che la può sottendere. Non basta posare virtualmente una targa per onorare la memoria di Ilaria e Miran (e di tutti gli altri giornalisti caduti mentre svolgevano il proprio lavoro, un elenco lungo che qui non è possibile riportare, ma la cui esistenza appare almeno doveroso ricordare). Certi riconoscimenti possono servire solo ad alleggerire la coscienza, consegnando al Paese un ennesimo caso senza verità. Arrivare alla definizione del caso Alpi-Hrovatin è aspirazione delle famiglie segnate da quei lutti, e deve esserlo pure per l'intera società. In questa ottica si pone anche il lavoro di tutti quelli che hanno collaborato, a vario titolo, alla realizzazione del libro di Marco Rizzo e Francesco Ripoli.

Ho detto che non bado troppo alle casualità; mi trovo a contraddirmi già dopo poche righe. Solo due giorni prima della presentazione alla festa dell'Unità, e proprio sul TG3, ho visto un appello della vedova di Enzo Baldoni: chiedeva le fosse almeno restituito il corpo del marito.
Dal punto di vista personale sento particolarmente vicina la figura di Baldoni, un giornalista non professionista, un freelance che operava con impegno e serietà, cercando di mettere i propri scritti a servizio della "vera" informazione.
Anche lui, come Ilaria, ucciso mentre operava su un teatro di guerra.
Anche lui, come Ilaria, colpito da veleni. Forse in modo persino più smaccato e sgradevole di quanto è stato riservato ad Ilaria: solo la sua morte ha steso un velo pietoso su quelle definizioni (da "giornalista della domenica" a "caricatura dell'inviato speciale", fino a "simpatico pirlacchione") che gli furono riservate subito dopo il rapimento in Iraq.
Anche lui (e qui siamo davvero nel campo delle casualità) amava il fumetto. Era il traduttore della prima versione italiana del Dark Knight Return di Miller, nonché traduttore storico di Doonesbury: penso avrebbe accolto con piacere un lavoro a fumetti imperniato sulla vicenda Alpi/Hrovatin.

Nel mio intervento a Bologna ho voluto quindi ricordare Raffaele Ciriello, Maria Grazia Cutuli, Enzo Baldoni, accanto a Ilaria e Miran. Mi è piaciuto ricordare la richiesta di verità e giustizia dei genitori di Ilaria assieme all'appello della vedova Baldoni. Mi piace pensare che tutti quelli che hanno partecipato all'iniziativa bolognese e tutti coloro che leggeranno il fumetto di Rizzo e Ripoli si uniscono a quelle richieste.
Ho voluto ricordare che il senso di questo fumetto è quello di stringerci con Giorgio e Luciana nella loro battaglia (assieme a quanti, a cominciare dalla "Associazione Ilaria Alpi", l'hanno condivisa in questi anni).
"Attenzione: leggere libri può causare indignazione", è il motto della casa editrice Becco Giallo: anche noi, come Giorgio e Luciana, non ci arrendiamo alle "verità che non ci saranno mai"; l'indignazione sarà la molla del nostro impegno.

Francesco "baro" Barilli

Note:

Il sito della casa editrice BeccoGiallo:
http://www.beccogiallo.it/

Intervista a Giorgio e Luciana Alpi, 24 settembre 2003:
http://www.reti-invisibili.net/ilarialpi/articles/art_4394.html