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Gli anarchici rimettono la lapide di Pinelli a piazza Fontana
Fonte: L'Unità on line 23 marzo 2006
23 marzo 2006

Nessuna violenza, nessun rancore, solo un piccone e la "tigna" di chi non ha proprio voglia di mandare giù il blitz con cui la Casa delle Libertà e il sindaco di Milano Albertini hanno voluto correggere la storia su Giuseppe Pinelli, l'anarchico morto quarant'anni fa o giù di lì per un "malore attivo" , cioè venendo giù da una finestra della questura durante un interrogatorio, nel lontano 1969. Gli anarchici del circolo Ponte della Ghisolfa si sono dati appuntamento giovedì in piazza Fontana a Milano, per installare una lapide «identica a quella sottratta accanto a quella menzognera e falsa del Comune», in memoria di Giuseppe Pinelli. Nella lapide del sindaco Albertini c'era scritto solo "morto", e non più "ucciso innocente". Ma Pinelli, sotto interrogatorio perché ingiustamente accusato della strage di Piazza Fontana, innocente era. E che sia stato ucciso è altamente probabile, come alcune delle perizie e tutta l'attività di controinchiesta di quegli anni hanno cercato di documentare, anche se mai una sentenza della magistratura lo ha stabilito ufficialmente.

«La notte del 18 marzo scorso - come hanno scritto i suoi amici e compagni di Ponte della Ghisolfa - il Comune di Milano, con un blitz notturno, si è impossessato della lapide in Memoria di Giuseppe Pinelli per sostituirla con un'altra. Nella lapide del Comune non compare l'espressione Giuseppe Pinelli, ucciso innocente. La verità non piace al potere».«Sono profondamente indignata - ha dichiarato Licia Pinelli - per la decisione della Giunta, atta a sanare una iniziativa quanto meno discutibile del Sindaco. Una iniziativa, quasi clandestina, nel cuore della notte e in concomitanza con lo sciopero della stampa quotidiana. È sconcertante - dice ancora la vedova del ferroviere anarchico - la scelta del momento, alla vigilia delle elezioni e dopo i fatti dei giorni scorsi a Milano. Questa città non ha davvero bisogno che si acuiscano tensioni e conflitti».

«La lapide, che era stata collocata, oltre trenta anni fa, dal Comitato Antifascista di Milano e dai molti amici di Pino rispecchiava convinzioni largamente diffuse nella città, come testimoniato dal grande numero di persone che, anche in questa occasione, mi hanno fatto pervenire toccanti manifestazioni di solidarietà e di sdegno» per la sostituzione della targa.

Mentre gli anarchici e la vedova rimettevano a posto la targa, la polemica era già divampata in consiglio comunale a Milano. Nell'aula di Palazzo Marino tre consiglieri di Rifondazione Comunista hanno inscenato una singolare protesta poco prima dell'inizio dei lavori, esponendo sui loro banchi manifesti raffiguranti la targa originaria dedicata al ferroviere anarchico ucciso innocente nei locali della questura. Il presidente del consiglio comunale, Vincenzo Giudice, ha sospeso la seduta per circa mezz'ora, fino a quando i manifesti non sono stati rimossi.

C'è stato anche un "siparietto" del sindaco Gabriele Albertini, il quale se l'è presa con il premio Nobel Dario Fo, candidato alle primarie dell'Unione come suo rivale, "colpevole" di aver scritto su Liberazione che il blitz sulla sua targa alla memoria era « la seconda morte accidentale di un anarchico», giocando sul titolo dello spettacolo che Fo a dedicato alla vicenda di Pinelli. Il sindaco Albertini per tutta risposta ha "implorato" Fo di presentarsi alle prossime comunali di Milano con una sua lista, cercando di metterlo in imbarazzo con il vincitore delle primarie dell'Unione, l'ex prefetto Bruno Ferrante.

Lo stesso Ferrante, per altro, ha stigmatizzato il blitz sulla targa come «provocatorio». «Siamo convinti che la prossima amministrazione dovrà aprire anche su questo tema un'ampia discussione pubblica nella città, per arrivare a una soluzione condivisa», è stata invece la dichiarazione dei Ds milanesi. L'Unione aveva dato indicazione di non partecipare alla manifestazione in piazza Fontana temendo un rigurgito di violenza: «non si devono accettare provocazioni». Le contraddizioni certo restano. Fu Gerardo D'Ambrosio, ex capo del pool di Mani Pulite ora candidato per l'Ulivo al Senato, il magistrato che archiviò come morte accidentale l'indagine sul decesso dell'anarchico Giuseppe Pinelli. E resta convinto che non fu ucciso. Mentre il sindaco Albertini sostiene che la modifica della targa gli era stata espressamente richiesta dalla vedova del commissario Calabresi, all'epoca indicato dagli anarchici e da Lotta continua come il responsabile della morte di Pinelli. E in virtù di questa convinzione che, dopo l'archiviazione del caso, ucciso in un'agguato, un delitto per cui vent'anni dopo un militante di Lc, Leonardo Marino, si è autoaccusato trascinando in carcere come mandanti Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani. Ma questa è un'altra storia.