"Un passettino avanti verso la verità". Vive anche così, Licia Pinelli, a 81 anni, il sorprendente invito ricevuto dalla Presidenza della Repubblica per partecipare, sabato, al "giorno del ricordo delle vittime del terrorismo e delle stragi". E, come spiega lei stessa al Tgr Lombardia, rompendo il suo "silenzio marmoreo" (definizione dell'anarchico Mauro De Cortes, del milanesissimo Ponte della Ghisolfa), ha accettato: "Dopo averci pensato su un po', ho detto di sì perché stimo molto il presidente Napolitano".
Sono passati ben quarant'anni dalla morte del marito. E se i più giovani ignorano gran parte di questa ingarbugliata tragedia, ormai da libro di storia, per molti - vittime e familiari, i vari protagonisti, i tantissimi cittadini che c'erano - piazza Fontana è e resta un "tempo sospeso": uno spartiacque, un dolore che non passa. Non è passato di certo alla vedova di Pino (Giuseppe) Pinelli, il ferroviere anarchico, entrato in motorino nella questura di via Fatenefratelli per un interrogatorio la sera del 12 dicembre. E uscito tre notti dopo, morente, in autoambulanza. Era precipitato dalla finestra dell'ufficio del commissario Luigi Calabresi, che non c'era (era dal questore), e che poi venne ammazzato in via Cherubini il 17 maggio del '72. Tragedia su tragedia, questi erano gli "anni di piombo".
Pinelli non c'entrava - accerterà la magistratura in varie inchieste - con i 16 morti e oltre 80 feriti della strage, avvenuta con una bomba al plastico innescata da un timer nella sede della banca dell'Agricoltura. Come non c'entravano Pietro Valpreda, "il mostro", e gli anarchici. Né, ha stabilito una sentenza del giudice Gerardo D'Ambrosio, Pinelli venne ammazzato in questura: "Ci furono delle irregolarità, perché lo tennero là tre giorni, lo nutrivano a panini, non gli dettero mai un letto, il malore era l'ipotesi più probabile", dice l'attuale senatore pd.
Al malore, però, la vedova non ha mai creduto. E, dunque, le viene chiesto, se nella cerimonia, creata l'anno scorso dal presidente Giorgio Napolitano, per ridare onore, dignità pubblica, visibilità, spazio alle persone che subirono la violenza - a volte organizzata a volte folle - dovesse incontrare la vedova Calabresi? "Si deciderà al momento", dice. Gemma Capra, donna altrettanto silenziosa, vedova del commissario, ha però già teso la mano: "Penso che il gesto del presidente della Repubblica sia di grande importanza. In questi quarant'anni non l'ho mai incontrata, ma mi sento di dire che lei, io ed i nostri figli siamo stati tutti vittime di una stagione di odio e di terrorismo. Oggi sento che la nostra sofferenza ci accomuna". Altri parenti delle vittime sono chiusi per ora nel "no comment", in totale disaccordo c'è Giovanni Berardi, figlio di un maresciallo ucciso. Per lui l'invito è addirittura un "oltraggio alla memoria delle vittime di piazza Fontana". "Molto perplessa" si è detta Mariella Magi Dionisi, vedova dell'agente Fausto Dionisi.
Ma dopo Fausto Bertinotti, che da presidente della Camera, commemorò Pinelli, ora arriva Napolitano a farsi carico di una speranza di pacificazione. Quarant'anni dopo suo marito è tra le vittime di piazza Fontana? "Sì", risponde la vedova.