Le loro vite si erano sfiorate tragicamente quarant'anni prima senza che l'una sapesse nulla dell'altra, e il caso ha voluto che succedesse ancora, ieri mattina prima del previsto, ufficiale incontro al Quirinale. Non si conoscevano Gemma Capra e Licia Rognini, la vedova del commissario Luigi Calabresi assassinato perché ingiustamente ritenuto responsabile proprio della morte del marito dell'altra, l'anarchico Giuseppe Pinelli, negli anni dell'oscura strategia della tensione cominciata con la Strage di Piazza Fontana. Anzi, è la prima volta che il portone di un'istituzione si apre per Licia Pinelli, e solo un fremito le corre sul viso pallido, nella compostezza dei suoi 81 anni, quando sente la voce di Giorgio Napolitano che s'incrina di commozione. Applaudono, applaudono tutti quando sentono pronunciare il nome di Calabresi e quello di Pinelli insieme. Applaudono anche Gemma e Licia, che mentre il Presidente parla finalmente sanno chi è l'una, e chi è l'altra. Per saperlo, dopo che sono scivolate via inconsapevoli l'una accanto all'altra anche ieri mattina presto sullo stesso aereo da Linate a Fiumicino, hanno dovuto aspettare che nel Salone dei Corazzieri al Quirinale si schiudesse il sipario dei baci e degli abbracci di Carol Beebe Tarantelli, moglie del giurista Ezio ucciso dalle Br nel 1985, e di Benedetta Tobagi, figlia del giornalista Walter ammazzato nel 1980. Erano nella seconda fila, separate solo dai loro stessi parenti, Licia con la figlia Claudia e il marito, Gemma col figlio Mario, che è poi il direttore della «Stampa».
E così, appena i loro sguardi si sono incontrati di nuovo, le prime parole sono fluite spontanee, «Ma è lei!», «Sì, eravamo stamattina sull'aereo e non ci siamo riconosciute». Ed è stato lieve allora per Gemma aggiungere «non ci siamo viste per troppo tempo», e per Licia ribattere «è vero, dobbiamo rivederci, dobbiamo riuscire a far finta che non siano passati tutti questi anni». Gemma Calabresi racconterà poi che sarà presto, «Licia Pinelli ci ha invitati tutti a casa sua». E' stata Gemma a fare il primo passo, ad accarezzare la spalla di Licia mentre si chinava a parlarle, ed è stata Licia a tendere la mano con un sorriso franco e contento a Mario Calabresi, e poi guardarsi l'un l'altro negli occhi, per la prima volta in 40 anni. Rosa Villecco Calipari le ha osservate a distanza e da vicino, «erano due persone felici di vedersi, io sono stata felicissima di vederle insieme, di vedere la naturalezza con la quale si sono parlate, quella naturalezza che solo le donne hanno nel riannodare i fili delle vite spezzate, e che è il loro vero, più grande potere: non è un caso se la riconciliazione nel Paese avviene proprio attraverso due donne». Eppure, e invece, nel Paese c'era un muro. Un muro lungo quarant'anni che non aveva ragione di essere, «è assurdo non esserci viste prima» è stato il pensiero lungo tutta la giornata di Gemma Calabresi. Un muro di simboli, un muro di odio e violenza costruito dagli altri, non da loro, non dalle mogli di quei mariti. Il ferroviere anarchico e il commissario si conoscevano bene, una copia dell' «Antologia di Spoon River» regalata dall'uno all'altro per Natale, e mai persa nei traslochi di casa Calabresi, e lunghe passeggiate insieme camminando, come ha raccontato moltissimi anni fa, da testimone, Marco Pannella. «Se torno indietro negli anni, mi rendo conto che le nostre due famiglie sono state divise, siamo stati tutti vittime della stagione dell'odio e del terrorismo, come ha detto il presidente Napolitano, e di coloro che hanno voluto vedere contrapposti i Calabresi e i Pinelli», ha osservato Gemma Capra aggiungendo che poi, forse, «è stato anche il falso pudore del mondo che ci guarda a far sì che non ci siamo mai incontrate prima».
Il pudore del mondo che esprime Gemma era la stessa emozione contenuta di Licia Pinelli, come impietrita durante tutta la cerimonia al Quirinale. Contenere le emozioni, proprio quelle emozioni resuscitate dallo stare lì tutti insieme, tutti vittime del terrorismo a guardare il filmato sul terrorismo e su Piazza Fontana, ad ascoltare le testimonianze dei parenti delle vittime, di loro stessi, che fluivano con la voce di Luca Zingaretti. Prima di lasciarsi andare di nuovo ai sorrisi, alle mani tese, a lanciare lo sguardo più in là, verso il sole che fuori brilla, e che taglia come una lama il divano sul quale, finita la pubblica funzione, un emozionato Giorgio Napolitano quasi si accascia. Ha Licia alla sua destra, e Gemma alla sinistra mentre dice: «Che fatica ricomporre i frammenti, riannodare i fili di una Storia condivisa, il lavoro di colmare le lacune andava fatto da decenni...». Un lavoro per Gemma Calabresi e Licia Pinelli, i cui destini si erano sin qui incrociati senza neanche sfiorarsi. Un lavoro per loro, e per l'Italia.