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«Il Colle apra un'inchiesta. La verità aiuta il perdono». Il giudice Salvini: le indagini non bastano
Sara Menafra
Fonte: Il Manifesto, 10 maggio 2009
10 maggio 2009

Non basta la riconciliazione. Perché è difficile perdonare quando non si conoscono le colpe e le responsabilità. Lo dice e lo pensa Guido Salvini, oggi gip di Milano e alla fine degli anni '80 il giudice istruttore che riaprì l'inchiesta su piazza Fontana, mostrandone la matrice fascista, sebbene una sentenza della Cassazione abbia poi assolto gli ultimi imputati.

Dottor Salvini, Napolitano ha invitato al Quirinale la vedova di Calabresi, Gemma Capra, e quella di Pinelli, Licia Rognini.

Condivido la sua scelta. Benché i processi si siano conclusi con delle assoluzioni, le motivazioni della sentenza della Cassazione su piazza Fontana hanno confermato che Ordine nuovo ha ideato ed eseguito la strage. Gli anarchici furono un capro espiatorio del meccanismo della strategia della tensione e Pinelli che apparteneva a quel mondo ed era radicato nel sindacalismo di base era un uomo lontanissimo da qualsiasi forma di violenza o di terrorismo. E' giusto che sia accomunato alle vittime del terrore.

Basta questo per parlare di riconciliazione?

Non si può vivere di rancore, ma la riconciliazione diventa più facile quando esiste una verità consolidata ed accettata da tutti. Manlio Milani, presidente delle vittime della strage di Brescia che lì perse la moglie, dice spesso: "Mi si chiede se ho perdonato. Il problema è che non so chi devo perdonare". E' la verità che aiuta il perdono.

Di inchieste giudiziarie ce ne sono state e molte, non le pare?

Abbiamo molte vicende su cui la verità è stata nulla o monca. Di Piazza Fontana sappiamo assolutamente la paternità politica ma non chi l'ha commessa. L'indagine sulla morte di Pinelli, quella che ha stabilito che si è trattato di un malore attivo, certamente non è stata sufficiente e ha risentito delle difficoltà del tempo in cui è stata svolta. Persino sull'omicidio Calabresi, per cui abbiamo avuto delle condanne, non conosciamo la maturazione e le motivazioni profonde che hanno portato a quel delitto. Di altre cose, di Ustica o della morte di Fausto e Iaio, sappiamo ancora meno.

Cosa intende quando dice che l'inchiesta su Pinelli non è stata sufficiente?

Pinelli era stato trattenuto illegalmente. E credo che l'inchiesta non abbia dato tutte le risposte necessarie. Probabilmente ha risentito dei limiti del tempo
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Bisognerebbe risentire le persone che erano in questura quel giorno? Forse oggi direbbero di più?

Lo strumento non può più essere quello delle inchieste giudiziarie, che hanno prodotto tutto quello che era possibile, con i loro limiti. Piuttosto, dobbiamo creare un luogo, che può essere una commissione, una fondazione, un organismo, in cui convergano i frammenti di verità che possono emergere o ancora stanno emergendo in memoriali e interviste. Un luogo che chiami i testimoni di quegli eventi che non hanno ancora parlato perché dicano quello che allora non hanno detto, per omertà o per paura. La riforma dei servizi segreti ha posto un tetto massimo di 30 anni per la durata dei sigilli, dunque sui fatti precedenti al '79 non dovrebbe esserci nulla di non visibile. Questo organismo potrebbe avere il compito di dissodare gli archivi che non sono stati esplorati.

Abbiamo avuto molte commissioni parlamentari sulle stragi. E anche queste non hanno prodotto molto.

Perché ciascun partito tendeva ad ottenere un risultato utile alla propria posizione politica. Per questo credo che proprio il presidente della repubblica potrebbe essere il promotore di questo organismo costituito da giuristi e storici indipendenti che raccolgano frammenti e li centralizzino in un unico luogo. O convochino dei testimoni con l'autorevolezza necessaria ma senza dover sottostare ai richiami dello schieramento di appartenenza. Qualche tempo fa l'aveva proposto Giovanni Pellegrino, facendo un paragone con la commissione creata in Sud Africa. Il contesto è diverso, ma il senso globale è quello.