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Giorno delle vittime del terrorismo. Il Colle chiama la vedova Pinelli
Marzio Breda
Fonte: Corriere della Sera, 6 maggio 2009
6 maggio 2009

Licia Pinelli, vedova del ferroviere anarchico «volato» da una finestra del quarto piano della Questura di Milano il 15 dicembre 1969, sabato sarà al Quirinale assieme ai parenti delle altre vittime della strage di Piazza Fontana. È stato il presidente della Repubblica a invitarla, con una scelta nella quale si può leggere un significato risarcitorio, nel quarantesimo anniversario della strage. L'udienza è convocata nel «giorno del ricordo delle vittime del terrorismo e delle stragi», iniziativa varata da Giorgio Napolitano l'anno scorso «come un gesto di riparazione e vicinanza» ai familiari dei 378 italiani che persero la vita negli anni di piombo. E, spiegò allora il capo dello Stato, «per scongiurare ogni rischio di rimozione di quell'esperienza sconvolgente» per il Paese.
Di particolarmente significativo, stavolta, c'è il fatto che la più alta istituzione abbia deciso di comprendere anche Pino Pinelli tra i caduti di quella stagione. Considerato dunque alla pari con i 17 morti e gli 86 feriti dalla bomba che alle 16.37 esplose nella Banca Nazionale dell'Agricoltura.
Licia Pinelli, che oggi ha 81 anni, ha accettato con un certo travaglio l'invito del Presidente. A trattenerla c'erano la sua natura schiva e riservata e il peso di un ricordo impossibile da cancellare. Ma a spingerla a dire sì, dopo qualche giorno di riflessione, ha inciso il valore simbolico di una sua presenza sul Colle, seduta accanto alle vedove del giudice Occorsio, del giornalista Tobagi, del magistrato Alessandrini e di tanti altri, ma soprattutto di coloro che ancora piangono qualche congiunto falciato a Piazza Fontana.
È passato molto tempo, ma resta difficile archiviare la storia del ferroviere anarchico che allora, dopo tre giorni di pressanti interrogatori alla Questura di Milano (e per di più trattenuto oltre i limiti consentiti dalla legge), precipitò dalla stanza del commissario Luigi Calabresi. Lo sospettavano d'essere coinvolto nella strage. Risultò innocente. L'inchiesta per fare luce sulla sua fine avallò diverse «verità»: morte accidentale, suicidio e infine disgrazia plausibile, causata da un «malore attivo». Vale a dire che Pinelli, affacciatosi alla finestra, sarebbe caduto per un malore e senza che nessuno tra quanti erano presenti (e il commissario Calabresi, assassinato anni dopo, non sarebbe stato tra questi) potesse impedirgli quel salto nel vuoto.
Una versione che Licia Pinelli non ha mai accettato. Battendosi con forza e dignità per difendere la memoria del marito dalle bugie e manipolazioni accreditate a intermittenza sulla vicenda. Disse qualche anno fa, in una delle sue rarissime sortite pubbliche, motivando la propria angoscia: «Immagino soltanto una soluzione per questa tragedia: chi quella notte era nella stanza al quarto piano di via Fatebenefratelli parli, racconti la verità. La verità è giustizia e soltanto la verità potrà rimarginare le nostre ferite e liberarci del passato». Una ferita che si è riaperta ancora tre anni fa. Quando il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, decise di cambiare la targa in piazza Fontana dedicata a Pinelli sostituendola con una recante la scritta «innocente morto tragicamente». Su quell'altra rimossa, invece, il Comitato antifascista aveva fatto incidere solo un eloquente «ucciso». Allora la vedova insorse, perché quella definizione la espropriava per l'ennesima volta della verità: «Sono profondamente indignata per la decisione della giunta. Un'iniziativa quasi clandestina presa nel cuore della notte ».
Albertini zittì la signora Licia con una secca risposta: «L'avevo promesso alla vedova del commissario Calabresi». Adesso la convocazione di Napolitano rimette sullo stesso piano tutte le vittime e ridà l'onore al ferroviere anarchico.