Il Centro di documentazione antimafia "Peppino Impastato" compie quest'anno l'importante traguardo di trent'anni di attività.
Attività che prima di ogni cosa significa "permanenza in vita", nonostante tutto e nonostante i ripetuti tentativi di chi ha cercato di farlo tacere, anche negli ultimi mesi, con attentati dimostrativi e intimidatorii, quando il Centro Impastato si è messo di traverso alla giunta comunale di Cinisi che voleva intestare l'aula consiliare all'ex sindaco Pandolfo, deputato regionale socialdemocratico amico del capomafia Tano Badalamenti che, come è noto, l'11 aprile 2002 è stato condannato all'ergastolo come mandante dell'assassinio del giornalista di Radio Aut.
Quasi un traguardo, questo anniversario, trent'anni dopo l'uccisione del giovane di Democrazia proletaria fatto saltare dalla mafia sui binari della linea ferrata nella notte tra l'8 e il 9 maggio 1978, simulando un atto terroristico di cui il giovane Impastato doveva sembrare allo stesso tempo artefice e vittima. E questa, infatti, fu la versione abbracciata in un primo tempo dalle "forze dell'ordine" e da settori della magistratura contigui ai "servizi deviati", cercando prima di insabbiare, poi di depistare le indagini, infine di far archiviare il caso, come scrive il 6 dicembre del 2000 nella sua relazione la Commissione parlamentare antimafia, che fa proprie le conclusioni a cui è giunto il Comitato sul caso Impastato coordinato da Giovanni Russo Spena.
Versione, quella dell'attentato-incidente - alla Gian Giacomo Feltrinelli, per capirci - contro cui si sono battuti come leoni per anni il fratello e la mamma di Peppino, Giovanni e Felicia Bartolotta, il sociologo Umberto Santino e gli altri fondatori del Centro Siciliano di Documentazione, fino a che l'opinione pubblica non si convincerà, anche per merito del bellissimo film di Marco Tullio Giordana "I cento passi", che l'omicidio di Peppino Impastato ha un'altra versione, e l'indagine non verrà riaperta a carico di Badalamenti: "don Tano", come lo chiamavano con rispetto gli "uomini d'onore"; "Tano Seduto", come lo chiamava invece senza rispetto e con derisione Peppino dalle onde di Radio Aut, nelle sue denunce su Mafiopoli, alias il consiglio comunale di Cinisi, e sugli affari che Cosa Nostra intrecciava con l'amministrazione comunale democristiana per accaparrarsi gli appalti pubblici e i cospicui interessi speculativi sui terreni dell'aeroporto di Punta Raisi e dintorni.
Basta collegarsi via internet al sito www.csd.it per una veloce verifica di questi trent'anni di attività, cominciata con un primo convegno nel 1977 sulla strage di Portella delle Ginestre e sul blocco politico-mafioso che cercò di spegnere nel sangue le lotte contadine del dopoguerra per l'esproprio del latifondo e l'assegnazione delle terre incolte ai braccianti e ai contadini poveri.
Verranno poi le manifestazioni antimafia; le mostre fotografiche di Letizia Battaglia e Franco Zecchin; la partecipazione ai convegni di Magistratura democratica su "mafia e istituzioni"; la presenza a manifestazioni e convegni sul disarmo; a seminari su droga e tossicodipendenze; nel 1982 al Campo internazionale di pace a Comiso e a un seminario in Germania su "mafia e militarizzazione". E poi convegni sulle leggi antimafia in collaborazione con l'università e la magistratura, e la costituzione di un Coordinamento antimafia che confluirà, in tempi più recenti, nel Forum sociale antimafia.
Il Centro ha pubblicato anche libri significativi, per qualità e quantità, sul fenomeno mafioso e il suo dilagare nei palazzi e negli anfratti della società e della cultura siciliana; a partire dal libro di Felicia Bartolotta Impastato "La mafia in casa mia", curato da Anna Puglisi che assieme a Santino è una delle fondatrici e tra le principali animatrici del Centro.
Altre ricerche e pubblicazioni hanno riguardato "La mafia finanziaria", "Mafia e società", "Donne e mafia", "L'Antimafia difficile", il dossier "Notissimi ignoti" con gli atti giudiziari sull'assassinio di Peppino, fino alle ultime analisi di Umberto Santino sulla "Borghesia mafiosa" e sull'evoluzione e la globalizzazione di Cosa Nostra con un volume che si intitola "Dalla mafia alle mafie".
Le due figure di spicco del Centro, Umberto Santino, che ne è il direttore, e Giovanni Impastato, che ne è il presidente, hanno pagato a caro prezzo il loro impegno, in quello che è l'elemento più odioso della mafia, quando a pagare il conto di una giustizia cieca sorda e ottusa, dunque ingiusta, sono le vittime.
Non parliamo delle "grandi" vittime, cioè dei morti ammazzati, o degli estorti, sfruttati, violentati, ridotti in schiavitù morale e materiale. Parliamo delle "piccole" vittime di un sopruso che grida vendetta al cospetto di Dio: come quando Giovanni è costretto a farsi pignorare la pizzeria per pagare un'ammenda di 5.000 euro per spese legali e per risarcire l'avvocato di don Tano Badalamenti, che lo ha querelato perché nel corso di una trasmissione televisiva Giovanni aveva dato dell'imbecille a chi continuava a parlare di Peppino come di un terrorista che si è fatto saltare sui binari, nonostante il riconoscimento della matrice mafiosa di quell'attentato e dopo la condanna all'ergastolo del boss di Cinisi come mandante dell'omicidio.
L'avvocato Paolo Gullo aveva sentito Giovanni dire a Maurizio Costanzo che la tesi di "Peppino terrorista-suicida sui binari" era la tesi "di un imbecille" e ha sporto querela. Il giudice gli ha dato ragione scrivendo nella sentenza che «chi sostiene una tesi in un processo può essere criticato ma non offeso».
Storia analoga a quella di Umberto Santino, querelato dall'ex ministro dc ora senatore di Forza Italia Calogero Mannino.
Intimidazioni, e non le sole, che invece di scoraggiarli hanno stimolato la moltiplicazione delle iniziative del Csd, rivolte soprattutto alla scuola, per una cultura della legalità, in collaborazione anche con gli altri centri e fondazioni intitolati ad altri martiri e vittime della mafia, «per un progetto di antimafia sociale» sintetizzato nell'intervento di Umberto Santino davanti al Presidente della Repubblica lo scorso 15 giugno, quando nel giardino di Ciaculli sono stati piantati quattro nuovi alberi, tra cui un querciolo in memoria di Peppino: «Occorre una normativa non legata all'emergenza delittuosa - ha detto Santino - capace di seguire e prevenire l'evoluzione delle mafie, di cogliere e perseguire le articolazioni del loro sistema di rapporti, la formazione di borghesie mafiose, e un progetto di antimafia sociale che leghi insieme l'uso razionale delle risorse e la partecipazione democratica, nel contesto di una politica rinnovata, sottraendo il voto al ricatto del bisogno e spezzando ogni legame con le mafie e con il malaffare, disponendo, tra l'altro, come ha proposto il presidente della Commissione antimafia Francesco Forgione, l'incandidabilità di chi è stato condannato e la sospensione di chi è stato rinviato a giudizio per reati incompatibili con l'esercizio di funzioni pubbliche».
Dato che di costoro ce n'è un certo numero sia sugli altri scranni dell'Assemblea regionale sia nei due rami del Parlamento nazionale, l'augurio che si può fare al Centro di documentazione Peppino Impastato in questo trentesimo anniversario è un vaticinio per tutti: lunga vita.