Rete Invibili - Logo
Per la morte di Giuseppe Casu
(lettera aperta a Haidi Giuliani)
Francesco "baro" Barilli
Fonte: (parzialmente pubblicato anche su Liberazione del 19 ottobre 2006)
17 ottobre 2006

Cara Haidi,
sono passati ormai tre anni da quando è nato il sito delle "reti-invisibili", che faticosamente raccoglie la memoria di tanti omicidi ("di piazza", di stragi, nelle carceri) rimasti senza colpevoli, di tante vittime che, oltre a vedersi negata giustizia, hanno spesso visto la propria memoria infangata, da apparati dello stato o da media superficiali. Ma non ti scrivo oggi per tracciare un bilancio, ai bilanci non sono portato, preferisco guardare avanti. Ti scrivo per raccontarti una storia; per raccontarla, però, uno sguardo al passato è necessario.
Se penso a cosa abbiamo fatto fino ad oggi mi addolora un pensiero. Tre anni fa pensavo che sarebbe stato faticoso recuperare tutti i fatti arretrati. In effetti quella difficoltà c'è, ma non mi spaventa, o non mi spaventa quanto la constatazione che fino ad oggi ci siamo dovuti interessare anche a fatti nuovi, che drammaticamente hanno riproposto le stesse "vecchie" dinamiche. Non ti faccio nomi, li sai. Ogni volta abbiamo dovuto ripercorrere lo stesso doloroso percorso: le lacrime, la rabbia, le menzogne, la distorsione dei fatti o il silenzio sugli stessi, magari un'archiviazione...
Sai cosa mi ha sorpreso, in questi anni? Il numero di persone che mi hanno scritto per denunciare a reti-invisibili fatti analoghi a quelli che documentiamo sul sito. Gente che mi ha mandato materiali per vicende del passato, certo, ma pure ragazzi che denunciano nuovi abusi, alcuni di questi fortunatamente non sfociati in tragedie. E' stato grazie a questa mobilitazione spontanea che sono venuto a sapere di tante storie. L'ultima è quella di Giuseppe Casu, una morte "piccola" (se mai una morte può essere definita tale), ma emblematica. Una storia che faticosamente sta venendo alla luce grazie al neonato "Comitato Verità e Giustizia per la morte del signor Giuseppe Casu". Eccoti la vicenda, che ti riporto grazie alla ricostruzione fatta dal Comitato.
Siamo in Sardegna, a Quartu, dove da qualche tempo l'amministrazione comunale ha attivato una lotta contro i venditori ambulanti privi di licenza. E' proprio così, hai capito bene: la solita storia del "ripristino della legalità".
Giuseppe Casu è uno di questi ambulanti. Vende frutta e verdura in una piazza di Quartu. Suppongo minacci la legalità con zucchine insurrezionaliste e peperoni sovversivi. Riceve numerosi verbali per la sua attività; li paga tutti, tranne l'ultimo: un verbale di 5.000 euro che gli viene contestato lo scorso 14 giugno. Il signor Casu reagisce energicamente a quest'ultima contravvenzione, che deve apparirgli come una provocazione, una prevaricazione cui non vuole sottomettersi... O forse un ultimo avvertimento di qualcosa di peggiore che potrebbe accadergli.
Il giorno dopo, 15 giugno, secondo la ricostruzione del Comitato, Giuseppe Casu viene affrontato violentemente da carabinieri e guardie municipali. Viene caricato ammanettato su una barella e portato via: si tratta di un ricovero coatto, tecnicamente definito Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO).
Cara Haidi, ti salto i passaggi intermedi, che potrai leggere su reti-invisibili o indymedia, grazie al documento redatto dal Comitato sorto per chiedere giustizia per Giuseppe Casu. Ti basti sapere che il venditore ambulante resterà per una settimana in un reparto psichiatrico, soggetto a contenzione farmacologica (ossia somministrazione in dosi massicce di psicofarmaci) e contenzione fisica (ossia legato mani e piedi al letto), senza che le ferite riportate la mattina del 15 giugno siano curate, senza preoccuparsi dell'aggravarsi delle sue condizioni. Morirà il 22 giugno.
Un successivo comunicato dell'ASL, emesso nell'ambito di un'inchiesta interna conseguente anche le segnalazioni dei familiari, non parlerà di un rapporto causa-effetto fra l'inumana degenza e il decesso, ma emetterà una condanna morale durissima. Il comunicato dirà (fonte: La Nuova Sardegna del 27 settembre) che nel caso dell'ambulante "la contenzione e' stata effettuata per un periodo eccezionalmente lungo, senza interruzione ... non si giustifica per un periodo cosi' lungo e, in piu', sommata alla contenzione farmacologica. La commissione non lo ritiene accettabile sotto il profilo clinico oltre che etico".

Sicuramente qualcuno, a questo punto, potrebbe obbiettare che questa vicenda ci riempie d'indignazione, ma resta ben diversa dalla storia di Carlo, di Aldro, di Fausto e Iaio, di Piero. Credo che a te, al contrario, non sfugga l'emblematicità della morte di Giuseppe Casu. Una morte che ci ricorda che la nostra società, per come è costituita, non si limita semplicemente a produrre ingiustizia ed esclusione, ma E' BASATA su ingiustizia e meccanismi di esclusione. Le morti senza giustizia, le morti "dimenticate" sono la punta di un iceberg che vanta una base sommersa, profonda, inesplorata. La società semina un raccolto amaro: questi morti sono i suoi frutti.
Non mi interessa, dunque, se clinicamente esista o meno un nesso causa-effetto fra il TSO subito dal signor Casu e la sua morte: quel nesso esiste sul piano logico, sociale, politico.
Giuseppe Casu non c'è più, ma questa mia lettera vuole testimoniare non solo la sua vita, ma pure la sua piccola-grande ribellione, la persecuzione cui è stato sottoposto, le sue sofferenze finali. Non è molto, ma è quanto posso fare.

Ti abbraccio

Francesco "baro" Barilli