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Esu si difende: «Non ho fatto sparire i reperti anatomici»

Il tecnico di Anatomia patologica del Santissima Trinità si difende: con la storia dei reperti anatomici del paziente morto nel giugno 2006 in Psichiatria non c'entra nulla. Stefano Esu risponde alle domande del pm Giangiacomo Pilia che lo accusa, insieme al primario Antonio Maccioni, di soppressione di parti di cadavere, favoreggiamento, frode processuale e falso: «Nel dicembre 2006 Maccioni mi chiese di portargli il contenitore coi reperti dell'ambulante quartese Giuseppe Casu. In quell'occasione sul tappo ho scritto il numero. Quindi l'ho rimesso a posto. Un mese e mezzo dopo ho visto che sul contenitore c'era la scritta a disposizione dell'autorità giudiziaria , ho chiesto a Maccioni ma lui mi ha detto che non sapeva niente. Successivamente ho rimproverato il primario perché prima di consegnare quel contenitore alla polizia giudiziaria non ha controllato».
Il pm vuol sapere da Esu (difeso da Pierluigi Pau) se durante la gestione Maccioni siano stati smaltiti altri reperti anatomici, e il tecnico risponde sicuro: «Che a me risulti no».
Va verso le battute finali il processo sulla sparizione dei reperti anatomici del paziente morto in Psichiatria dopo un ricovero coatto. L'avvocato Antonio De Toni, in difesa di Maccioni, chiama a testimoniare l'ex primario di Psichiatria Gian Paolo Turri, ancora sotto processo per omicidio colposo per la morte di Giuseppe Casu. Turri si è soffermato sulla telefonata con Maccioni del 30 gennaio 2007, il giorno in cui alla polizia giudiziaria sono stati consegnati i pezzi anatomici di un altro paziente ucciso da una tromboembolia. «Abbiano parlato di quello che avevano scritto i giornali», ricorda Turri, «e dell'esito della commissione d'inchiesta interna alla Asl. Gli ho chiesto di confermarmi che il paziente era morto per una tromboembolia dell'arteria polmonare, volevo sapere se davvero poteva capitare a chiunque in qualunque momento, e lui mi aveva rassicurato. Non sono amico di Maccioni, non so neanche dove abiti né se abbia figli, so che è un medico stimato, tutto qui».
Subito dopo l'avvocato Mario Canessa, parte civile per i familiari dell'ambulante, parla delle cause della morte indicate dai periti nel processo Turri: non la tromboembolia ma un farmaco. Sul punto scoppia una mezza rissa verbale con gli avvocati di Turri, Luigi Porcella e Gianfranco Macciotta. Il giudice Giampiero Sanna deciderà l'8 febbraio se ammettere in questo processo la perizia depositata nell'altro. (mfch)